Showing posts with label Crazy Diamonds. Show all posts
Showing posts with label Crazy Diamonds. Show all posts
29 November 2020
13 November 2020
OMBRA MAI FU - Luca Moccafighe
Le ombre ci seguono, mute e silenziose, non chiedono nulla se non accompagnarci nel nostro cammino, ci accorgiamo di loro soltanto quando esse sono assenti, proprio come accade con tutte le cose buone della vita. Una vicenda grottesca con contorni drammatici, dove due fratelli si ritrovano a disputarsi un'ombra, in un tempo lontano nel quale i personaggi che si avvicendano compiono azioni e pronunciano concetti tutt'altro che superati anche ai giorni nostri, in un mondo che si evolve mutando soltanto di abito.
Luca Moccafighe, nato nel 1969 a Torino, ha pubblicato saggi su Jeff Buckley, Dario Fo, Nick Cave, ha tradotto Jack London, Georg Buchner e Aleister Crowley. Nel 2018, il suo ritratto romanzato di Benjamin Fondane è stato selezionato come libro del giorno dalla redazione di Qui Comincia, Rai Radio3. Ombra mai fu è la sua prima prova di narrativa pura.
«Veramente noi non sappiamo se la nostra malattia sia fisica o portata da chissà quale diavoleria… ecco in realtà riguarda la nostra ombra…»
«Che cosa?» rispose il medico guardandoli come se avessero pronunciato chissà quale stramberia.
«Sì, ecco» fu la risposta «noi due non abbiamo un’ombra per uno come tutte le persone, ne abbiamo una in due, questa sta esattamente a metà fra di noi e non siamo in grado di capire di chi sia, se sia mia o sua…»
11 November 2020
16 October 2020
08 October 2020
16 September 2020
01 September 2020
28 August 2020
DESTROLOGÍA - Rafael Becerra Bernal
PORTADA DE
LA TAXIDERMISTA
Destrología: La particularísima visión de las cosas interpretadas por un poeta que se debate entre la angustia y el humor, entre la rabia y la risa. Una visión caleidoscópica sobre la realidad, sobre los deseos, sobre lo importante y lo banal, sobre lo bello y lo grotesco. Una mirada que no teme la imagen del espejo y nos la ofrece en su distorsiona y aceptada realidad. El autor, obsesivamente, permanece atento al espectáculo empeñado en desarmar el engaño, en mostrar la tramoya, la estructura de tantos mitos modernos pensados para mantenernos alejados de la más obvia verdad. Al mismo tiempo esa mirada febril se posa en lo pequeño, en lo oculto, en lo aparentemente simple, pero profundamente complejo, que nos muestra sutiles senderos que se internan en este hermoso y despiadado fenómeno que llamamos vivir.
Rafael Becerra Bernal (1968) Crece en Sevilla, pero antes de cumplir la mayoría de edad se marcha a Madrid, desde donde dedicará unos años a recorrer el país. Pasó largas temporadas en diferentes regiones de la península. Nómada impenitente, matador de brújulas y experto interprete de cruces de caminos. Ha ejercido incontables empleos. Autodidacta y lector contumaz, escribe en fanzines y publicaciones desde hace años. La poesía lo encontró herido y desamparado en 1995.
También es autor del poemario: Desafección.
08 August 2020
01 August 2020
SANGRE Y LECHE - Eugenio Di Donato
TRADUCCIÓN:
JUANJO MONSELL
PORTADA:
RICCARDO CECCHETTI
Eugenio Di Donato (1976) crece en Castelli, un pequeño pueblo en los Apeninos de los Abruzos. Después de licenciarse se mudó a Milán. Se graduó en ingeniería, obtuvo un doctorado y durante años investigó la física de la materia y la arquitectura de las moléculas. En 2016 decide dedicarse a tiempo completo a la escritura.
«Por ahora, escribo, me concentro en las palabras. Sobre el sentido que revelan. Sobre la historia de un padre, un campesino que trabaja la tierra, hijo de unos padres que habían trabajado la tierra toda la vida, y que levanta la mirada y ve en el hijo, demasiado alto y con los pies y las manos demasiado grandes, un físico no apto para el trabajo en el campo. Y por primera vez, en la cadena de padres e hijos, renuncia a perpetuarla y le ofrece otra posibilidad. Mi madre me empujó fuera de casa, actuó como ese padre, incluso hizo más, usó su fuerza para que no volviese. Rompió la tradición».
09 July 2020
07 July 2020
DIARIO DEL GRAN PARADISO - Anacleto Verrecchia
MARCO DE LUCA
«Dividere il cielo con gli stambecchi,
ma anche con i camosci e le marmotte, è un’esperienza molto gradevole e unica
nel suo genere: l’anima si allarga, lo spirito si arricchisce e l’innocenza
degli animali fa dimenticare la malvagità degli umani».
È questa la fondamentale esperienza fatta da
Anacleto Verrecchia in gioventù, quando per tre anni visse, lavorò e meditò nel
Parco del Gran Paradiso. Esperienza
non d’isolamento, ma, piuttosto, di diradamento del commercio coi propri
simili. Cosa cercava lassù? Certo, conforto da un tormentoso dolore, come
l’essere stato testimone diretto, da bambino, degli orrori della Battaglia di
Montecassino. Ma trovò anche altro: un punto nuovo d’osservazione degli uomini,
la possibilità d’accedere ad un diverso grado di conoscenza. Di quel periodo è
rimasto questo libro: un diario, uno zibaldone di riflessioni. Da luogo reale
il Parco diventò per lui anche un luogo mentale, un rifugio, una costante del
suo modo di giudicare e soprattutto del suo modo di essere.
Anacleto
Verrecchia (Vallerotonda, 1926 - Torino, 2012) germanista e filosofo, ha
vissuto fra Torino e Vienna, dove è stato per anni addetto culturale. Ha
scritto numerosi libri tra i quali La
catastofe di Nietzsche a Torino (Einaudi 1978), Giordano Bruno la falena dello spirito (Donzelli
2000) e Cieli d’Italia (El
Doctor Sax 2019) e ha collaborato con le pagine culturali de La Stampa, Die Presse e Die
Welt. Verrecchia odiava la caccia, i politici, i cacalibri e i
preti; invece amava molto Schopenhauer, la natura, le montagne, gli alberi
monumentali e lo sguardo nobile degli animali. Lavorò sempre al confine tra letteratura e filosofia: la
sua prosa filosofica chiara, energica e spesso polemica, è stata giudicata tra
le migliori scritte oggi in Italia.
Sossio Giametta
Gian Paolo Serino
25 June 2020
22 June 2020
Recensione di Una svastica sul viso di Luca Buoncristiano - di Jane T. (italiano)
Una svastica sul viso di Luca Buoncristiano
“Sono fratello di questi corridoi da più di cinquant’anni. Questi soffitti sono i miei padri. Non ho mai chiesto a nessuno di proteggermi. Dormo su una branda di parole e non ci sono quadri su queste pareti.”
Charles Manson, il criminale statunitense più famoso della storia, noto in tutto il mondo per essere stato il mandante della strage in Cielo Drive. Sharon Tate, moglie del regista Roman Polanski, fu uccisa da alcuni membri della Famiglia Manson.
Era incinta di otto mesi.
L’infanzia di Charlie non inizia nel migliore dei modi. Un padre che non conosce e che mai conoscerà, una madre che scambia volentieri il figlio per un po’ d’alcool. Un bambino che nasce senza amore e che senza amore viene ricambiato, dove può trovarlo? Incapace di rispettare le regole che la vita ci impone, a tutti, inizia così un lungo percorso tra riformatorio e carcere, per anni, in cui affinerà al meglio la sua dote migliore: manipolare la gente.
“Sono un disertore della società. Un muto ragazzo di campagna mai cresciuto. Sono andato in prigione a otto anni e sono uscito a trentadue anni. Un bambino precoce di trentadue anni.”
Luca Buoncristiano (autore e illustratore dell’indimenticabile Libro Rotto) ci offre una piccola parte di Manson che molti di noi non vedono o si rifiutano di vedere. Ed è giusto, è difficile vedere qualcosa di umano verso colui che ha creato quella potente Famiglia che ha ucciso senza pietà persone senza colpa. Provando a non pensare a queste atrocità, ho ascoltato questo lungo monologo tra Charlie e Charlie, tra finzione e realtà, che Luca ha ingegnosamente ascoltato e riportato nel suo ultimo libro, Una svastica sul viso.
Luca Buoncristiano ha uno stile che ipnotizza. È difficile, se non impossibile, trovare un autore che distorce la verità visibile agli occhi di tutti, per mostrarcene un’altra, forse più logica della prima. Con una serie di aforismi già noti, e molte citazioni dello stesso Manson in varie interviste, Luca Buoncristiano riordina le carte in tavola per mostrarci qualcosa che in tutta questa lunga storia di Charles Manson, ci era sfuggita. Una parte, piccola, ma enorme di Charlie, che non avrei mai visto se Buoncristiano non lo avesse scritto. Prima cosa da fare quando lo si legge: matita alla mano, e sottolineare quei giochi di parole in cui Luca è ormai un professionista.
“Che cappa questa malinconia che non vuole andare più via. Ho ucciso qualcuno?”
Jane T.
17 June 2020
UNA SVASTICA SUL VISO - Luca Buoncristiano
Charles Manson è stato il criminale statunitense più famoso al mondo, noto per essere il mandante delle stragi Tate-LaBianca dove vennero uccise sette persone tra le quali Sharon Tate, la moglie del regista Roman Polanski, incinta di otto mesi.
Con un’operazione di docufiction letteraria, frutto di un gioco tra finzione e realtà che utilizza le dichiarazioni dello stesso Manson, Luca Buoncristiano costruisce un monologo, uno stream of consciousness del Manson più intimo.
Il risultato è un autoritratto surreale e lisergico, la disperata confessione di una delle più celebri icone del male, malgré lui.
Luca Buoncristiano (Roma 1976) autore e illustratore, ha lavorato per radio e televisione. Ha collaborato con gli scrittori Sandro Veronesi e Edoardo Albinati ed è stato il curatore del lascito artistico di Carmelo Bene.
Autore di Joe Rotto, apparso più dieci anni fa nel primo blog di sole illustrazioni italiano, ha pubblicato Mary e Joe Fazi Editore 2007, Panta Carmelo Bene Bompiani 2012, Libro Rotto El Doctor Sax 2017, Album Rotto El Doctor Sax 2018.
16 June 2020
SANGUE E LATTE di Eugenio Di Donato su LIBRI NELL'ARIA - Di Laura Salvadori (Instagram)
di Laura Salvadori
Poco più di cento pagine. Pagine dense, che si appoggiano sull’anima e lì sedimentano. E covano, e prolificano e lasciano conseguenze.
La storia, scritta in prima persona, è un lungo monologo in cui il protagonista, Ludovico Travagli, parla di sé.
La storia di Ludovico non ha niente di diverso dalla storia di qualsiasi bambino nato negli anni del boom economico, in seno ad una famiglia attaccata alle tradizioni, dove l’unico dovere è il lavoro, dove si è abituati a non contare niente come individuo ma solo come uomo o donna dotato di braccia per lavorare e di un percorso prestabilito da seguire. Senza mai deviare, senza doversi interrogare su ciò che è giusto o sbagliato. Con l’assuefazione atavica a tacitare i desideri più intimi, come il bisogno di una carezza o di una semplice parola. Con il bisogno di essere approvato, di non deludere, di non tradire le aspettative. Dove i propri sentimenti sono tabù e neanche ci si affanna a conoscerli, figurarsi a dar loro una voce.
Ludovico da piccolo ha conosciuto il dolore e anche la vergogna che deriva dal non sapergli dare un nome. E’ cresciuto nascondendosi, negando se stesso, abbacinato dal bisogno di essere approvato. Sovrastato dalle figure dei nonni, creature votate al lavoro, presenti ma al tempo stesso distaccate, alle quale mostrare devozione. Deluso dai genitori, che hanno divorziato in un’epoca che disapprova il disgregarsi della famiglia. Allontanato dal suo paese prima e mandato a studiare nella metropoli poi, dove la spersonalizzazione e l’assenza di rapporti sociale imperversa. Indotto alla ricerca spasmodica di una realizzazione nel lavoro, non prima di aver accarezzato il sogno di una laurea, come atto dovuto verso chi, con sacrificio, ti ha permesso di studiare. Indottrinato dall’obbligo di essere felice e di rendere evidente queste felicità agli occhi, inquisitori ed esigenti, della famiglia.
Ludovico non ha fatto niente per sé ma tutto per gli altri. Persino il rapporto con la fidanzata, Agata, segue un sentiero già battuto.
Ed è così che Ludovico si ritroverà ad aspettare un figlio e lo perderà, subito, inspiegabilmente, vivendo la perdita come un castigo. Il nome del figlio nato morto ricorre spesso nel romanzo; Ludovico e Agata forse non sono stati degni di essere genitori. Perché un figlio non deve essere portatore di felicità, né di alcuna aspettativa per chi gli dà la vita.
Ludovico alla fine troverà il coraggio di togliersi di dosso il giogo delle aspettative e deciderà solo per se stesso. L’epilogo darà finalmente uno spiraglio di ossigeno al lettore e anche la certezza che il dolore, se condivido con qualcuno, porta spesso alla redenzione e alla libertà.
I miei complimento a Eugenio Di Donato. La sua scrittura è un soffio delicato, il cui respiro, prima debole e incerto, risale con forza le acque ferme e stagnanti verso la superficie, verso l’aria, che diventa densa di profumi e di suoni confortanti. Davvero ben fatto è lo studio introspettivo che conduce in questo suo romanzo, che è pieni di spunti, di riflessioni, di citazioni che ho spesso sottolineato per ricordarle.
Difficile staccarsi dall’idea che Sangue e latte sia un romanzo autobiografico. Se non lo fosse, è comunque profondamente intimo e indiscutibilmente il catalizzatore perfetto delle sensazioni dell’autore, del suo vissuto, del suo essere.
Sangue e latte è un romanzo in cui riconoscersi, in cui annegare i nostri ricordi e un pezzetto dei nostri dolori esistenziali, perché essere figli è un mestiere difficile, forse più dell’essere genitori. Essere figli e crescere implica la necessità di dover spezzare le catene, dolci ed infide, dell’innato desiderio di compiacere, che nasce insieme a noi e che chiede, incessantemente, di essere amati per come siamo.
Ringraziamo Laura Salvadori e la sua bellissima pagina Instagram Libri nell'Aria per averci concesso i diritti di riproduzione della sua recensione.
Subscribe to:
Posts (Atom)