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09 November 2025

Il "SOGNO SOVIETICO": UN'UTOPIA NATA ORFANA DI BUONE STELLE introduzione al catalogo della mostra ORFANI IN UN VUOTO STELLATO - di Gabriele Nero





Dal punto di vista artistico e culturale, il Secolo Breve ha avuto un unico grande protagonista: l’American Dream. La cultura americana, anche grazie all’appropriazione di nuovi linguaggi come la fotografia, il cinema, l’arte astratta, si è autoeretta, non solo dal punto di vista economico e politico, ma anche dal punto di vista creativo, a despota del mondo. L’American Dream idealizzava la possibilità per chiunque di raggiungere il successo tramite il lavoro, un mito che mascherava profonde disuguaglianze economiche e sociali, perpetuando l’idea di una meritocrazia che ignorava privilegi di nascita e discriminazioni sistemiche, in cui il sogno serviva a legittimare lo status quo, spostando la responsabilità del fallimento dalla società all’individuo, con il risultato di far prosperare l’ideologia capitalista, colpevolizzando invece chi falliva.

Eppure il Novecento era iniziato sotto ben altri auspici. Nell’Europa prima della Grande Guerra erano nate le avanguardie storiche: Surrealismo, Futurismo, Simbolismo, Dadaismo, Espressionismo, tutte animate da uno spirito di rottura radicale con il passato, di sperimentazione e di ricerca di nuove soluzioni espressive. C’era un’energia anarchica e liberatoria, un desiderio di reinventare il linguaggio e l’arte in sintonia con il cambiamento dei tempi. Molti di questi artisti credevano nella necessità di ribaltare l’antica nomenclatura, e che la rivoluzione politica dovesse essere accompagnata da una rivoluzione estetica e culturale.

La Russia non fu da meno, e non fu un caso che negli stessi anni in cui Kandinskij stava rivoluzionando il mondo della pittura, Stravinskij stesse facendo la stessa cosa, stravolgendo quello della musica. Il Sogno Sovietico, nato prima della Rivoluzione d’Ottobre, negli anni successivi si consolidò e al contempo rivelò la propria intrinseca fragilità e la propria natura oppressiva. Dopo aver promesso un mondo nuovo, una società egualitaria e giusta, liberata dalle catene del passato imperialista, finì poi con sostituire lo Zar con Stalin. Gli scrittori di questa generazione, molti dei quali avevano accolto con entusiasmo la ventata rivoluzionaria, divennero testimoni e spesso vittime di un’utopia che nacque e si sviluppò sotto l’ombra del fallimento incombente. A differenza dell’American Dream, che con le sue contraddizioni si fondava su un’idea di progresso e di libertà, il Sogno Sovietico basò le proprie fondamenta su violenza, controllo e repressione. La collettivizzazione forzata, le purghe staliniane e la stretta morsa della censura sull’espressione artistica, trasformarono rapidamente l’utopia in distopia. Per molti intellettuali questo significò passare da un’iniziale euforia a una crescente disillusione, sfumando verso un silenzio eterno. Le biografie di Anna Achmàtova, Michail Bulgakov, Isaak Babel’, Sergej Esenin, Marina Cvetaeva e Vladimir Majakovskij hanno in comune questa tensione tra la necessità espressiva e la censura, tra la creatività e l’anonimato, tra la poesia e la morte. Questi scrittori, e altri meno noti o quasi dimenticati, vissero il dramma di un sogno tradito in partenza che si trasformò in incubo. Le loro vite e le loro opere sono la testimonianza di come l’imposizione di un’ideologia totalitaria abbia soffocato la creatività e la libertà individuale, portando alla distruzione di un’intera generazione di talenti. Infatti nell’Unione Sovietica l’unico scopo dell’arte era servire la causa del Partito, e il Realismo Socialista divenne l’unica estetica accettabile. Le sperimentazioni formali furono condannate come "formalismo borghese" e le voci indipendenti furono messe a tacere in vari modi.

In questo contesto si inserisce l’opera di recupero e reinterpretazione artistica fatta da Francesca Ricci e Kiril Bozhinov, nato da una esposizione e tradotta poi in saggio grafico in Orfani in un vuoto stellato (El Doctor Sax, 2025). In questo lavoro multidisciplinare emerge fin dalle prime tavole la perdita dell’innocenza di questa generazione di scrittori, orfani dello spirito rivoluzionario, sotto un cielo buio, che non promette nessun futuro, e senza stelle a indicare un cammino diverso. Un omaggio necessario e poetico a questi autori ingiustamente finiti nel dimenticatoio, ma che più di tanti altri lottarono per mantenere vivo il loro dissenso attraverso la poesia e la letteratura. Perché se le avanguardie di inizio secolo rappresentarono la promessa di una libertà artistica e di un rinnovamento radicale, non fu così per gli autori del primo ventennio dell’Unione Sovietica, che pur ereditando parte di quello slancio, si trovarono a operare in un contesto in cui quella libertà veniva sistematicamente negata. Il sogno di una società nuova si trasformò in una prigione per la poesia, che da veicolo di liberazione, divenne un atto di resistenza silenziosa o, nei peggiori dei casi, una vera e propria condanna a morte. Orfani in un vuoto stellato non è un semplice lavoro di riscoperta ma un progetto multidisciplinare che, attraverso il connubio di parole, immagini e suoni, vuole riaccendere questa volta celeste rimasta per troppo tempo oscurata dalle ideologie novecentesche.

Gabriele Nero



10 March 2025

ORFANI IN UN VUOTO STELLATO - Francesca Ricci e Kiril Bozhinov

 



Orfani in un vuoto stellato è una raccolta di testi e immagini ispirata alle vite e alle opere di scrittori attivi in Unione Sovietica durante gli anni Venti e anni Trenta del Novecento. Dalla poesia lirica simbolista di Aleksandr Blok ai racconti brevi e satirici di Michail Zoščenko, il tentativo è quello di tradurre in un tableau le voci dei singoli autori o quelle di un gruppo letterario. Da Anna Achmàtova a Michail Bulgakov, da Isaak Babel’ a Marina Cvetaeva, da Velimir Chlebnikov e Vladimir Majakovskij – figure di spicco del gruppo futurista di Hylaea – a Daniil Charms e i suoi compagni irriverenti di Obėriu, il libro è non solo un omaggio a un’intera generazione di scrittori e poeti costretti a vivere e creare in un momento storico tumultuoso, ma anche un’esplorazione della complessità dell’esperienza umana tra il sublime e l’esecrabile.

Francesca Ricci. Nata a Firenze, dove ha studiato Scenografia presso l'Accademia di Belle Arti. Ha vissuto dapprima a Londra e dal 2019 risiede a Valencia, Spagna. Artista multidisciplinare e scrittrice, ha partecipato a numerose mostre a livello internazionale. La sua ricerca artistica si relaziona ad altri ambiti dell’espressività umana, dalla letteratura e la poesia, all'immagine cinematografica e la musica, alla filosofia e la psicologia e la sua pratica comprende una varietà di media, dal disegno alla pittura tradizionale, dalla tecnica mista al video.

 Kiril Bozhinov, Nato a Kočani, Macedonia, vive e lavora a Londra. Ha pubblicato i suoi racconti sperimentali nelle pubblicazioni indipendenti e la raccolta di racconti, Eclipses: Stories of Disappearances and Reappearances, (Londra, 2006). Ha scritto e diretto l’opera teatrale Chichikov and the Big-Nosed Devil, messa in scena allo White Bear Theatre di Londra (2001). È stato consulente per il London Film Festival sul cinema balcanico e dell’Europa orientale (1994-97), co-fondatore della fanzine Life is Nothing but a Belly Dance (1993-95) e giornalista musicale per varie riviste dell’Europa orientale.






07 March 2022

IL MAESTRO E MARGHERITA - Riccardo Cecchetti & Simona Caprioli

 I sogni non sono soltanto un mondo di fantasia nel quale l’artista trova rifugio, sono anche parte della natura e dell’arte. Per dirlo in altro modo, l’arte è il luogo in cui i sogni e l’immaginazione s’incrociano e, assai prima che i romantici riscoprissero l’incubo o Freud l’inconscio, compito dell’arte era infondere nella realtà della veglia la forza e la vividezza e dramma dei sogni. Il pensiero visivo è più vicino ai processi inconsci di quanto lo sia il pensiero in parole, e indubbiamente più antica di quest’ultimo, sia ontogeneticamente che filogeneticamente. In altre parole, il cervello che sogna pensa, ma esprime i suoi pensieri in una forma arcaica, che ha preceduto il linguaggio astratto, così come i geroglifici hanno preceduto l’alfabeto fonetico.

Riccardo Cecchetti, disegnatore, Simona Caprioli, fotografa, si propongono di abitare il Romanzo metaletterario di Bulgàkov aggiungendo alla notte e al giorno, la notte nella notte con il loro magico incontro creativo. Le tavole proposte in questo volume sono il risultato di una tensione dinamica, di un’armonia tra forme e colori, che vengono considerati come vere e proprie forze in opposizione. 


RICCARDO CECCHETTI “Marchigiano di nascita in quel di Sarnano, Riccardo conosce nei primi anni ’90 il pittore Magdalo Mussio, che dalla sua Toscana si è trasferito nelle campagne delle Marche, e insegna all’Accademia di Belle Arti di Macerata. Dice Cecchetti «L’incontro con Magdalo mi ha fatto drasticamente cambiare idea su qualsiasi approccio alle arti figurative». Il rapporto con Mussio, personaggio che alla pittura univa la passione per il teatro, il cinema, l’editoria; propugnatore di una forma di espressione artistica che deve coinvolgere l’immagine e la parola, segnerà in profondità il percorso espressivo del suo allievo. La gavetta di Riccardo è fatta di vari ed eventuali mestieri per garantirsi il pane quotidiano: animatore, barista, corrispondente locale de Il  Messaggero, redattore per alcune riviste locali disegnatore di Prezzemolo per gli sfondi, amministratore di condomini, direttore di hotel. Poi iniziano le collaborazioni con Selen, Frigidaire, Caffè Illustrato, Il Manifesto. Sulla soglia dei quarant’anni, decide di trasferirsi a Torino, lì trascinato dalla forza della sua fede calcistica granata. L’incontro con Marco Peroni, altro personaggio poliedrico che sa giocare su più livelli con i testi, lo porta alla prima pubblicazione per l’editore Becco Giallo:una graphic novel che ha come protagonista il calciatore beat e ribelle Gigi Meroni, fuoriclasse del Torino degli anni ’60. Ad essa segue, in occasione del mezzo secolo dalla scomparsa, una seconda graphic novel dedicata ad Adriano Olivetti: Adriano Olivetti, un secolo troppo presto e I 41 colpi, omaggio alla poetica di Bruce Springsteen. Vive a San Salvario, insieme a Porta Palazzo il quartiere più multietnico di Torino”.


SIMONA CAPRIOLIPugliese di origine, si trasferisce a Torino per studiare Economia Aziendale. Si avvicina alla fotografia quasi per caso. Ha all’attivo cinque mostre fotografiche e due pubblicazioni sul giornale ReWriters: Tramonto a Sud, un racconto fotografico sulla condizioni degli ulivi nel Salento e Da Nord a Sud, racconti di terra e nebbia, un viaggio in Italia. Frequenta la scuola di fotografia CSF Adams con sede a Roma. È coautrice, insieme a Riccardo Cecchetti, de Il Maestro e Margherita, un racconto ad immagini del romanzo russo di Bulgakov, dove la fotografia incontra il disegno, edito dalla casa editrice El Doctor Sax (2022), con la prefazione di Gabriele Agostini.