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23 November 2022

LA LISCA DEL PESCE PICCOLO di Roberto Vaio su EUDEMOLIBRIA (Instagram) - di Silvia Pantò

 


Ciao a tutti cari Demoners, so che sono stata assente per un po' di tempo ma eccomi di ritorno con una chicca nuova di zecca, La lisca del pesce piccolo di Roberto Vaio, piccolo romanzo recentemente pubblicato dalla casa editrice El Doctor Sax. 

All’apparenza, il romanzo d’esordio di Vaio sembra il semplice e divertente racconto della vacanza da incubo vissuta dal protagonista Romano Furfaro, in seguito ad un intero anno di duro lavoro, la base di significato su cui si struttura questo scritto vuole però esprimere molto più di questo. La lisca del pesce piccolo è allora il racconto di tutte le ingiustizie vissute da un ventenne che occupa uno status sociale differente rispetto a tutti gli altri personaggi, appartenenti a caste sociali più prestigiose. È una lettura alternativa, sincera e realista, in quanto è la storia di tutte quelle persone che occupano una posizione d’inferiorità nella società perché essi stessi decidono di mettersi in tale posizione. 

Per spiegarci meglio, attraverso una chiave ironica e a tratti irritante, Vaio si fa portavoce della spudorata dichiarazione di chi si emargina dalla società di per sé, senza aspettare che lo facciano i potenti, entrando così in un automatismo sempre più nocivo per l’intera società. La lisca del pesce piccolo è in toto una piccola novità nell’orizzonte degli scritti di quest’ultimo anno, in quanto presenta una globale e chiara descrizione di coloro che si arrendono davanti al potere ancor prima di averne calibrato la reale effettività. È l’espressione della più miserabile immagine che l’individuo da di sé nella società attuale. Con un ritmo relativamente serrato, lo scrittore racconta la vicenda con sincerità veemente. Sottolinea difatti a suon di battute, il divario sociale esistente tra il protagonista ed i suoi amici benestanti, rimarca la volontaria sottomissione di Romano, descrivendone l’immensa timidezza che si fonde, in un determinato momento del racconto, ad una triste arrendevolezza. La frivolezza di tutti gli altri personaggi, apparentemente benevoli, è poi un contorno delizioso da gustare con il più grande sdegno di cui si è dotati. 

Un concetto fondamentale, che non spicca in prima linea ma che, leggendo tra le righe viene fuori con la stessa intensità con cui Vaio ci parla del resto, è l’autostima. Pochi ma intensi, sono i momenti in cui il protagonista sperimenta tale sentimento, chiave di volta non utilizzata dal ventenne in questo racconto ma importante elemento che potrebbe aiutare l’individuo a divincolarsi dal meccanismo di auto sottomissione a cui il libro fa riferimento. 

Il linguaggio è molto semplice ed accessibile a tutti, a tratti rude e grottesco, sebbene in specifici punti diverse descrizioni e considerazioni siano perfettamente articolate e lievemente poetiche, in piacevole contrasto con il registro linguistico utilizzato per il resto del libro. 

In poche parole, se cerchi qualcosa con sfondo realista, ironico, divertente e che fa aprire gli occhi riguardo ad attitudini sbagliate che ci hanno costretto ad interiorizzare beh, con questo libro in mano ti troverai nel posto giusto.




28 June 2022

SANGUE E LATTE di Eugenio Di Donato su EUDEMOLIBRIA - di Silvia Pantò (Instagram)


Popolo di lettori, oggi vi presento un libro della letteratura contemporanea, un libro cui storia può essere percepita con tutti e cinque i sensi e quindi vissuta come reale sulla propria pelle, grazie allo stile semplice e diretto con il quale Eugenio di Donato racconta una storia di vita colma di forti contenuti.
Pubblicato da poco tempo dalla casa editrice internazionale El Doctor Sax , Sangue e latte (anche in versione spagnola con il titolo di Sangre y leche) è in breve arrivato sui comodini di molti amanti della lettura e non c’è da meravigliarsi, in quanto stiamo parlando di una storia che prende le redini dell’interesse già dalle prime righe.

Sangue e latte racconta una realtà paesana con la quale non è sempre semplice identificarsi, allo stesso tempo mette però in luce gli affetti familiari. È da questo tema che parte Ludovico (protagonista di questo bellissimo racconto) per poi svilupparne tanti altri.
Tra questi: l’importanza di esprimere sé stessi e le emozioni recondite che abbiamo dentro; eliminando l’abitudine di sentirsi solo un numero, e ancora, la presa di coscienza della verità e del dolore che a volte essa porta con sé… il conseguenziale coraggio di rialzarsi e agire.

Una vigorosa critica alla società contemporanea, fa spesso capolino tra un tema e l’altro, stabilendosi così come cornice perfetta di un racconto in cui l’autore, non ha altro desiderio che illustrare le fasi per raggiungere le luci dell’alba di una nuova vita.

27 April 2022

RACCONTI DI SOLITUDINE di Jack London su EUDEMOLIBRIA - di Silvia Pantò (Instagram)


Buongiorno cari Demoners, nuovo giorno nuovo genere: il racconto. 
Sembra sempre di tornare bambini attraverso lo stile di questo genere letterario e, nonostante il carattere più feroce di questa piccola serie di racconti di Jack London, vi posso assicurare che il risultato sarà il medesimo. 

Racconti di solitudine di Jack London (edito da El Doctor Sax) racchiude una sorta di magia, quella dell’individuo che fa i conti con la sua natura e con la Natura stessa. 
Attraverso descrizioni pregne di umanità, London traccia le righe della chiara fragilità dell’uomo, illustrando le varie forme di reagire alle proprie debolezze. Evidenzia allo stesso tempo la capacità umana di aggrapparsi alla vita, dichiarando in ultima istanza l’uguaglianza dell’individuo con l’animale.

Protagonista di questi racconti è inoltre la solitudine, così come anticipa il titolo. 
London nei tre racconti che compongono questa mini raccolta, ci parla della solitudine presentandola sotto vari aspetti: 
la solitudine di chi non riceverà mai amore, di chi non possiede le giuste parole per dire quel che sente e quella di chi viene abbandonato al suo destino. 
Il bello di questo libro? 
È che Racconti di solitudine non si limita solo a raccontare delle storie ma rende viva ogni emozione, trasferendo ognuna di esse dalla pagina direttamente al cuore del lettore.

El Doctor Sax ha inoltre pensato anche agli amanti della lettura in lingua straniera, pubblicando il suddetto volume anche in lingua spagnola (Relatos de soledad). 
Quest'ultimo contiene un bonus, un quarto racconto, da non perdere.

Silvia Pantò

05 May 2021

LA CAMPANA DI VETRO DI SYLVIA PLATH - di Rafael Becerra (Traduzione di Silvia Pantò)

 


È difficile capire le ragioni di un suicida. La scala di valori alla quale ci atteniamo normalmente non fornisce alcuna spiegazione sull'atto di togliersi la vita. In molti casi le ragioni del suicida, sono relazionate ad alcune circostanze che, unite ad una considerevole dose di disperazione, portano l'individuo a mettere fine alla propria vita, in un momento di crisi. Ma quando sono gli squilibri della mente a spingere una persona al suicidio, le spiegazioni ed i ragionamenti a riguardo sono superflui. 

La campana di vetro, è un libro più che premonitore, si potrebbe dire, perché pubblicato quasi in contemporanea al suicidio dell'autrice. Fu pubblicato subito dopo la sua morte. La protagonista del libro, Ester Greenwood, è la stessa Sylvya Plath, che narra l'intimo viaggio verso la pazzia, la successiva guarigione e reinserimento nella società. In realtà, questo reinserimento si trasformò nella sua fine. 


Da sempre, le persone che si tolgono la vita hanno attirato la mia attenzione. Un certo sentimento di rispetto e ammirazione, visto il coraggio nascosto dietro al gesto. Sono però caduto nell'errore di pensarlo come un atto premeditato. Proprio due anni fa ho vissuto da vicino il suicidio di una donna, sorella di un mio caro amico. Questa persona, professoressa, madre di due bambini, e apparentemente normale, conduceva una vita tranquilla e monotona, come quasi tutti noi, fino a quando qualcosa cominciò a rompersi nella sua mente, cominciò a dire di volersi togliere la vita. Suo fratello, senza ancora essersi reso conto dell'accaduto, mi raccontò con tristezza tutte le fasi che la donna aveva attraversato, fino a raggiungere il suo obiettivo. Ascoltare questo racconto fu sconvolgente: -Le voci mi dicono ucciditi! Credo che non c'è bisogno di soffermarsi ancora di più sul caso, già che nessuna congettura sfoderata dalla ragione ci farebbe arrivare ad una conclusione plausibile. 

Sylvia Plath si suicidò nel 1963. La campana di vetro, il suo primo romanzo che ho letto, mi ha fatto scoprire un'autrice dalla sincerità spiazzante, e il suo sguardo allo stesso tempo lucido e freddo, nascosto nelle pieghe del suo personaggio. Mostra, senza maschere, che le cose più semplici della vita possono essere progetti impossibili per quelle persone che rimangono chiuse all'interno questa campana immaginaria. La similitudine tra l'autrice e il suo personaggio è devastante. 31 anni, una vita corta per quel che può sembrare a noi, ma un eternità che pesa come un macigno per quelli che non riescono a sopportare il peso della propria esistenza. La sensibilità di questa donna invita ad immergersi nei suoi scritti, nelle sue poesie, che vi trascineranno in pieno verso il suo cuore e la sua mente. Poesia confessionale l'hanno definita, con l'ansia di classificare tutto, come se il fatto di porre un'etichetta ci desse la sicurezza che quello che leggiamo fosse catalogabile, quasi per farlo diventare innoquo, affinchè non ci faccia male. Si sbagliano. Sì, che può far male! La poesia, sono i cocci di cui si compone una persona. Non possono venire assemblati per appartenere a questo genere letterario o a quell'altra categoria, devono piuttosto spingerci al bordo del pozzo dal quale sono emersi, obbligandoci ad affacciarci e a guardarci dentro, anche solo per un istante, per vedere quanto sia spaventoso, ma allo stesso tempo bellissimo, vivere.
Rafael Becerra

01 April 2021

I DIARI DI ADAMO ED EVA di Mark Twain recensito da Rafael Becerra (Traduzione di Silvia Pantò)

La Genesi non ci racconta nulla di loro. Si concentra più che altro sul Creatore, questo dio maldestro e crudele con i suoi capricci, ai quali vengono sottoposte tutte le creature. Tra le più disgraziate, viste le aspettative che aveva riposto in loro, Adamo ed Eva.

Chi gli ha mai dato voce? Chi si è mai sforzato di capire la loro difficile situazione di giovani ignoranti e innocenti, due bambini dalla mente malleabile e ancora priva di valori, costretti a scoprire il mondo da soli.

È per questa ragione che Mark Twain ci offre un bellissimo libro nel quale Adamo ed Eva si raccontano attraverso i propri diari. Attraverso questi, Twain immagina il loro processo di apprendimento, il conoscersi l’un l’altro, indagando sullo scontro di personalità che li ha condotti alla comprensione reciproca, alla vicinanza, alla mutua ammirazione, all’amore. Sentimento inventato da queste due creature, che con questa innovazione sono riuscite a superare proprio il Creatore, che dimostrava invece di esserne carente. Si può dunque colpevolizzare in maniera così esagerata due bambini incoscienti delle proprie azioni? Solo un essere, o un ente pieno di risentimento può farlo, solo un represso, passivo-aggressivo agirebbe in tale maniera. Fu così che quelle creature mosse dalla curiosità, hanno reso la loro specie così grande, disobbedendo. Lo fanno con l’incoscienza, figlia della totale mancanza di malizia e di esperienza, il rifiuto dell’irrazionalità. Come avrebbero potuto scatenare l’ira di dio, se non infischiandosene degli effetti delle proprie azioni, in modo insolente e spavaldo?


La Genesi ci presenta due personaggi ignorati, ma la cui storia è nota a tutti, creati per giustificare gli schemi di una religione che fallisce di fronte ad un analista (Twain) mosso dall’amore e dalla compassione per le creature confuse. Ci mostra un punto di vista che nessuno ha mai considerato, al principio dei tempi. Una giustizia storica necessaria e poetica. Una freccia intelligente che abbatte la nostra erronea capacità di dare le cose per scontate e di crederle vere così per come ci sono state raccontate. La bellezza di questi diari ci riconcilia con l’innocenza, ci invita a guardare con occhi differenti la persona con la quale conviviamo. Ci immaginiamo disperati in questo paradiso di solitudine che trabocca di qualsivoglia benedizione tranne una: l’amore. Questo strano sentimento che caratterizza l’esistenza umana. Questo soffio di effimera felicità contro il quale lottano alcune religioni monoteiste che sminuiscono un sentimento che non possono comprendere, e men che meno accettare, senza ostacolarlo, consapevoli che potrebbe far crollare il loro potere.

Questo è un libro da riscoprire, da rileggere, un libro bellissimo che ci strappa un sorriso, perché rilegato con un filo sottile di ironia.

Mark Twain esplora le possibilità che offre il racconto biblico per immaginare le reazioni di due esseri condannati a capirsi; non lo presenta come un castigo, ma come un’opportunità per analizzare la necessità di una controparte, in un mondo vergine e solitario. Che ne sarebbe di tutta l’esperienza, di tutte le scoperte, di tutti i dubbi, se non avessimo qualcuno con cui condividerli? La grandezza della solitudine in un mondo selvaggio finirebbe per divorarci. Nel racconto non ci sono critiche, i due giovani sono costretti ad abbandonare il Paradiso e prendendo atto della nuova realtà, senza giudicare chi per primo li aveva giudicati, cacciandoli. Continueranno a coltivare la loro innocenza, scoprendo il mondo esterno e le sfaccettature delle loro personalità, accettando il loro destino, tanto da far pronunciare ad Adamo queste immortali parole: «Ovunque lei fosse, lì era il Paradiso».

Rafael Becerra


14 December 2020

RACCONTI DI SOLITUDINE - Jack London

TRADUZIONE:
SILVIA PANTÒ & 
GABRIELE NERO

Jack London (12 gennaio 1876 San Francisco-22 novembre 1916 Glen Ellen) nella sua breve vita fu marinaio, pescatore, cercatore d’oro, giornalista, esploratore, agitatore politico, ma soprattutto fu un lettore e uno scrittore compulsivo. Durante l’infanzia alternò la scuola a lavori saltuari come lo strillone, il ladro di ostriche e l’operaio in un conservificio. Nel 1893, a soli 17 anni, partecipò a un concorso giornalistico vincendo il primo premio. Tra 1897 e il 1898, intraprese la grande avventura della Corsa all'oro con due viaggi in Alaska, dal quale tornò senza risorse auree, ma con tanti racconti d’avventura vissuti in prima persona, da scrivere. London pubblicò più di 50 titoli, è stato tradotto in più di 90 lingue nel mondo, conoscendo in vita il successo mondiale. Tra le sue migliori opere ricordiamo: Martin Eden, Il vagabondo delle stelle e John Barleycorn (libro autobiografico sulla sua battaglia contro l'alcolismo, che con El Doctor Sax abbiamo ripubblicato nel 2017), oltre ai classici grandi classici per ragazzi Zanna Bianca e La chiamata della selva. Jack London, lo scrittore del popolo, morì in circostanze misteriose il 22 novembre 1916 nel suo ranch di Glen Ellen (California) all'età di 40 anni. I giornali americani dedicarono più spazio alla notizia della sua morte che a quella dell'imperatore Francesco Giuseppe d'Austria, morto il giorno prima. 

In queste volume sono stati selezionati tre racconti che fanno parte della raccolta dedicata ai viaggi nel Grande Nord: Amore alla vita, Bâtard e Il Silenzio Bianco. Le tre storie, seppur molto diverse, sono incentrate sulla contrapposizione dialettica tra individualità e collettività, elemento spesso presente nelle sue opere. London sosteneva che l’essere umano non fosse buono per indole, e che solo nella solitudine estrema e primitiva potesse cogliere la propria essenza animale, riconciliandosi e prendendo coscienza di essere un elemento in più del grande quadro della Natura. I protagonisti di questi racconti, persi in situazioni estreme, riscoprono il loro amore verso la vita, proprio percorrendo l’ultimo sentiero. Quello che li condurrà verso il Silenzio Bianco. 

«Preferirei essere cenere che polvere! Preferirei che la mia fiamma bruciasse in una vampa brillante piuttosto che venire ricoperto dalla muffa. Preferirei essere un magnifico meteorite, con atomi che bruciano e si infiammano, piuttosto che un pianeta immobile e assopito. La natura dell'uomo è vivere, non esistere. Non ho intenzione di sprecare i miei giorni nel tentativo di prolungarli, voglio viverli»
JACK LONDON