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08 March 2019

Requiem for the Jilted Generation - Gabriele Nero (Italiano)


I Prodigy sono apparsi come un pugno nello stomaco sulla scena musicale degli anni novanta, anni un cui i teenager impazzivano per gruppi pop usa e getta, come Backstreet Boys, Spice Girls, Take That, mentre i più grandi si accapigliavano per raccogliere l’eredità dei Beatles, con una schiera di gruppi musicali fatti di bellocci con i Ray-Ban a goccia, messi su dalle major discografiche: Oasis, Verve, Blur. Le mega rock band degli anni 80 cominciavano a strizzare l’occhio al mainstream (ricordo come una tragedia l’uscita di Load dei Metallica, alla quale ancora oggi non so darmi una spiegazione) e la scena underground, dopo la morte di Cobain, era dominata dal grunge. 


Per quelli che nel 1997 (anno di uscita di The fat of the land) vivevano la loro adolescenza, i Prodigy hanno rappresentato molto più di un gruppo musicale o un’icona, come ho letto in giro in questi giorni. 

I sociologi e i discografici si scervellavano a dare un’etichetta, un'identità per la generazione di quei ragazzi che sarebero stati maggiorenni nel 2000: Generazione X, MTV Generation... insomma cercavano di categorizzarli e di evolvere il modello degli anni ottanta, “gli anni di plastica”, meno ribellione e più aperitivi. Ma proprio prendendo spunto dal nome del loro secondo album Music for the Jilted Generation, stava prendendo forma nuova generazione, abbandonata, piantata in asso in partenza, per cui i Prodigy hanno rappresentato la prima trasgressione, il primo concerto, la prima esperienza estrema. 


Proprio attraverso MTV, con Firestarter, come dei pazzi incendiari, i Prodigy entrarono nell’immaginario e nei walkman di migliaia di fans a tutte le latitudini del mondo. Quattro ragazzacci della provincia inglese, che sembravano usciti da Trainspotting: un biondino genio dell’elettronica, un nero alto due metri che cantava a perdifiato, due ballerini da strada, uno di origine caraibica e l’altro truccato come un satiro indemoniato o un pagliaccio psicopatico, quasi ad evocare il clown di IT di Stephen King. Basterebbe questa descrizione per far capire quanto fossero avanti i Prodigy a metà anni novanta. 


Ma i Prodigy non erano solo immagine, tutt’altro! Infatti al gruppo inglese riuscì un qualcosa di difficilmente ripetibile nella storia della musica: prendere due dei generi musicali underground più estremi, la techno da rave e il metal hardcore, contaminarli tra loro, e fare successo nelle charts di vendite di tutto il mondo, entrando nel mainstream! Dal punto di vista musicale i Prodigy furono i pionieri della commistione tra musica elettronica e altri generi che non fossero la musica dance o il pop, come negli anni ottanta. Il concetto musicale dei Prodigy, venne poi declinato al metal con tutto il Nu-Metal dei primi anni del duemila (Korn, Slipknot, Tool), mentre sulla sponda elettronica si iniziava a sperimentare con il funky (Daft Punk, Gorillaz), e persino mostri sacri come Madonna e David Bowie virarono verso sonorità techno-jungle. 


Se mi chiedessero di definirli in una parola, risponderei Avanguardia, perchè i Prodigy, come solo i grandi artisti sono in grado di fare, oltre a comporre musica che nessuno prima aveva osato nemmeno immaginare, sono riusciti ad incarnare lo spirito del loro tempo creando una vera e propria estetica. I loro video girati nei bassifondi post-industriali con telecamere a bassa risoluzione, montati con le immagini in susseguersi a ritmo epiletticco, in fondo erano il racconto perfetto di quello che stavamo vivendo. Da ragazzo bastava infilarti due cuffie e cominciare a camminare per la città con i Prodigy a palla, guardarti in giro e vedere gli stessi scenari: fabbriche abbandonate, città dormitorio, cantieri, tossici e case occupate; bastava quello per farti capire che la tua rabbia apparteneva a una rabbia più grande. 

I Prodigy hanno legittimato la ribellione della mia generazione, così come i Rolling Stones lo hanno fatto per la generazione di quelli che erano ragazzi negli anni sessanta, o il punk per quelli degli anni 70. 



La Jilted Generation, l’ultima ad essere stata formata in un mondo analogico, la prima che si è dovuta relazionare con il lavoro completamente digitalizzato; l’ultima che ricorda gli operai del turno di notte uscire da grigi capannoni industriali, e che negli anni novanta in quegli stessi capannoni, oramai abbandonati, organizzava rave memorabili. Oggi in quegli stessi spazi ci andiamo tutti a fare la spesa nel centro commerciale appena inaugurato. 


I rave e le feste sono finite troppo presto, e, chi più chi meno, ci siamo tutti imborghesiti. Una delle poche cose che ci rimanevano erano i Prodigy: la speranza di un nuovo concerto, un nuovo disco, una nuova esagerazione. Come quando dopo anni di silenzio nel 2009 uscirono con Invaders must die, a ricordare alle nuove e vecchie generazioni chi fossero i Prodigy: tre inglesi pazzi che se ne fottevano di tutto e che con la loro musica volevano far muovere il culo a tutto il mondo! 


L’ultima volta li ho visti lo scorso giugno, a Valencia, in un festival in cui avevano messo la solita accozzaglia di gruppi i Many Street Preachers, per i nostalgici degli Ottanta, seguiti dai Kaiser Chiefs, che hanno fatto ondeggiare le barbe di giovani hipsters al suono di “RubyRubyRuby uuuhhh”, e che dopo 2 ore di stranziante pop da supermercato lasciavano il palco a loro: i Prodigy. Mentre le barbe e le camicie a quadri arretravano, dal fondo emergevano piccole flotte di formiche nere, trentenni di tutte le forme (qualcuno ahimè sformato!) si appropiavano delle prime file, e guardandomi intorno pensavo che nonostante fossimo stati piantati in asso dal passaggio dalla civiltà post-industriale a quella digitale, eravamo ancora lì, davanti al palco dei Prodigy.



Non sto a farvi il resoconto di quello che è stato il concerto. Posso solo dirvi che l’emozione di stare di nuovo a pochi metri l’astronave, e l’annessa esplosione di luci e suoni, capitanata da Liam Howlett e dai suoi synth e drum machine vibranti, Maxim il colosso, e Keith Flint, con la sua voce distorta e pulita, tagliente come una Les Paul, può essere paragonabile all’euforia di gol in finale di coppa della vostra squadra del cuore, lungo due ore, o molto più banalmente, a un orgasmo della stessa durata. Se li avete visti dal vivo sapete di cosa parlo, altrimenti mi dispiace davvero per voi. Già perché alla fine del concerto senti la stessa sensazione di quando scendi dalle montagne russe e pensi:“Ancora! Voglio farlo di nuovo!”. 


Verso la fine del 2018, i Prodigy hanno fatto uscire No Turists, il loro ultimo album. A differenza di tutte le altre band che, con il passare degli anni, tendono  a rendere piu mellow la loro produzione, ad ingentilirsi, i Prodigy, si sono presentati con  l'ennesimo disco più estremo del precedente. 


Ma il 4 marzo 2019, la morte di Keith Flint, ha messo fine a tutto questo. Nessun nuovo singolo, nessun nuovo album, mai più un altro concerto dei Prodigy. Eppure per chi li aveva visti recentemente o aveva sentito il loro nuovo album, i Prodigy sembravano ancora in gran forma, ancora incazzati e con tanto ancora da dire. 

Ora poco contano i rimpianti e le dinamiche sulla sua morte, resta il fatto che la Jilted Generation, già senza riferimenti, e sul punto di essere divorata da una nuova generazione di nativi digitali, è stata piantata in asso dal suo schizofrenico profeta, è rimasta orfana del culto più puro ed estremo: i Prodigy! La Jilted Generation davanti alla morte di Keith Flint è rimasta attonita, senza più rabbia, senza più voce, senza più musica.


Gabriele Nero  

31 May 2018

Dino Campana: el poeta maldito de la literatura italiana



Dino Campana nace en Marradi, un pequeño pueblo de la provincia de Florencia, el 20 de agosto de 1885, hijo de Giovanni Campana, director de escuela, descrito como un hombre débil y de carácter sumiso, y de Francesca Luti, una mujer severa y ferviente creyente católica.
Su infancia transcurre de un modo aparentemente tranquilo hasta los 15 años, edad en que comienza a sufrir y le son diagnosticados trastornos nerviosos.
Estudia en Faenza y Carmagnola antes de regresar de nuevo a Marradi. Las crisis nerviosas se agudizan tras su vuelta a Marradi y comienza a padecer frecuentes cambios de humor, síntomas de las difíciles relaciones con la familia y el pueblo natal.
Tras cumplir los 18 años, estudia química en Bolonia y Florencia. Pronto comienza a sentir un deseo incontrolable de huir y dedicarse a una vida errabunda. La primera reacción de la familia, del pueblo así como también de las autoridades públicas fue la de considerar las extrañezas de Campana como signos evidentes de su locura. Cada una de sus huidas a países extranjeros era seguida de un internamiento en un manicomio.
Es internado por primera vez en el manicomio de Imola (Bolonia) en septiembre de 1905. Intenta fugarse entre mayo y julio de 1906 para llegar a Suiza y, desde allí, a Francia. Es arrestado en Bardonecchia (Turín) y encerrado de nuevo en Imola.
En el otoño de 1907, ya salido del manicomio, Campana parte desde Génova con rumbo a Argentina, país por el que se dedica a vagabundear. En 1909 reaparece en Marradi, donde es arrestado e internado por un breve período de tiempo en el San Salvi de Florencia. Tras el internamiento, viaja a Bélgica y es arrestado en Bruselas, por lo que es internado en la maison de santé de Tournay en 1910. Pide ayuda a la familia y vuelve a Marradi, donde pasa un período bastante tranquilo.
En 1913 viaja a Florencia y se presenta en la redacción de la revista Lacerba de Giovanni Papini y Ardengo Soffici donde deja el manuscrito de su obra Il più lungo giorno (El día más largo). El manuscrito no es tenido en cuenta y pronto se pierde. Después de algunos meses sin recibir respuesta alguna, Campana viaja desde Marradi a Florencia para recuperar el manuscrito. Papini ya no lo posee y Soffici asegura no haberlo poseído nunca. Campana se desespera ante este hecho, ya que el manuscrito era la única copia existente de la obra.
A comienzos de 1914, perdida toda esperanza de recuperar el manuscrito, Campana decide reescribirlo de memoria; en pocos meses, trabajando también de noche y a costa de un gran esfuerzo mental, logra finalizar la reescritura del libro, aunque con numerosas modificaciones y adiciones. Ese mismo año consigue publicar la obra con un nuevo título: Canti Orfici (Cantos Órficos). Pasa todo el año siguiente vagando sin rumbo fijo entre Turín, Domodossola y Florencia. Tras el estallido de la Primera Guerra Mundial, Campana se libra del servicio militar. Oficialmente es exonerado debido a problemas de salud física, aunque en realidad se debe a que es considerado un enfermo mental grave.
En 1916 conoce a la escritora Sibilla Aleramo, con la que mantiene una intensa y tumultuosa relación hasta comienzos de 19017.
En 1918 Campana es internado en el hospital psiquiátrico de Villa di Castelpulci, donde se le diagnostica hebefrenia. Muere en el hospital en 1932 a causa de una septicemia provocada por una herida en la zona escrotal sufrida al intentar huir del hospital.



DINO CAMPANA, EL MITO
Dino Campana es considerado como uno de los casos más enigmáticos de la literatura italiana del siglo XX, hecho que ha generado el surgimiento de una leyenda en torno a su figura. Esta leyenda se ha sustentado no tanto en el carácter hermético y de difícil comprensión de su obra poética como en su biografía y su carácter. Sus extravagancias y su insociabilidad, provocadas por la enfermedad mental que padecía, los múltiples viajes que realizó buscando la huida, su taciturnidad, su aspecto físico (ropas raídas, zapatos viejos, largos cabellos y barba) y su pronta muerte han alimentado esta leyenda.
La leyenda de Campana ha ido siempre unida al carácter maldito del poeta. Uno de los motivos de su unión a los poetas maudits fue su interés y fascinación por poetas como Baudelaire, Verlaine, Rimbaud y Mallarmé. La crítica literaria de la época lo comparó con algunos de estos poetas poniendo de relieve su espíritu libre e insociable, en un intento de difusión de la poesía de Campana. Incluso en la edición de 1942 de Canti Orfici, la editorial florentina Vallecchi presentó a Campana como el único poeta maldito italiano.



CONTEXTO CULTURAL
La cultura italiana de comienzos del siglo XX estuvo caracterizada por el surgimiento de diversas revistas literarias y políticas que dieron luz a un intenso debate en torno a la situación de la sociedad italiana y las perspectivas futuras a las que debería enfrentarse Italia en el contexto de la lucha colonialista que tenía lugar en África.
Campana logró publicar en dos de las principales revistas de la época: Lacerba y La Voce. Campana mantuvo una estrecha relación con los principales responsables de la revista Lacerba, Papini y Soffici, que le permitieron entrar en contacto con los futuristas, ya que existían varios puntos en común en lo relativo a la postura artística defendida por estos y los lacerbistas: el derecho a la contradicción, la libertad y la ausencia de prejuicios.
La amistad que Campana mantuvo con Papini y Soffici estuvo marcada desde el comienzo por la contradicción y la desigualdad. Campana pasó de la profunda admiración que sentía por ambos al odio, terminando por considerarlos como los representantes de una cultura institucionalizada y podrida. Las disputas que surgieron entre ellos son patentes en los artículos escritos por los dos críticos así como en la correspondencia que mantuvo el poeta con ellos. La desaparición del manuscrito de Campana, que se encontraba en manos de los críticos, fue determinante para el enfrentamiento del poeta con Papini y Soffici.
En lo relativo al movimiento futurista, Campana mantuvo siempre una actitud muy crítica hacia este. Pueden apreciarse influencias del movimiento dentro de su obra, como la destrucción de la sintaxis y la construcción de imágenes sin hilos conductores, pero Campana no podía aceptar el ataque a la cultura tradicional propugnada por los futuristas, ya que su poseía asentaba sus bases sobre el pasado cultural italiano. Además, no podía aceptar la sociedad en la que vivía, ya que él se sentía un ser salvaje y libre únicamente en la naturaleza. Lo cierto es que Campana mostró siempre más admiración hacia la figura de Marinetti que hacia el movimiento que encabezaba.



CANTI ORFICI
El acercamiento a la obra de Dino Campana genera vértigo en el lector. Un vértigo provocado por la inmensidad que se esconde tras sus palabras, por lo inasible de sus imágenes. Cada uno de sus versos entraña una multiplicidad de significados situados a diferentes niveles. Sus oraciones dejan únicamente entrever un pequeño destello surgido de las profundidades que albergan en sí mismas.
Campana crea un lenguaje, el suyo propio, a través de prosa y poesía, de registros estilísticos contradictorios, de recuerdos y evocaciones, de tiempos verbales superpuestos, de narraciones, descripciones y delirios, de retrospecciones y prospecciones, de rupturas del ritmo poético generadas mediante la destrucción del orden sintáctico lógico, de creaciones e importaciones semánticas y de un enorme caudal léxico proveniente de la cultura clásica. Y precisamente en esta creación original es donde radica la dificultad de su comprensión. Su poesía deviene isla inaccesible.
Su poesía es poesía que primero debe ser vista y oída, para después ser leída. Así lo exige la enorme cantidad de imágenes marcadas por el juego cromático y de luces y sombras que aparecen dentro de los Cantos Órficos; así lo exigen las descripciones de paisajes ligados a la naturaleza, algunos estáticos y, otros, de un dinamismo inaprensible provocado por el continuo devenir del vagabundeo y del viaje. Así lo exige la presencia constante del silencio y la mudez, reflejo de soledad y libertad, que contrasta con los diferentes cantos, gritos o ruidos y la musicalidad que adquieren ciertos elementos naturales, como el agua.
De especial interés es la presencia de la memoria en el interior de la obra. El pasado aparece como un dulce oasis donde la tragicidad del presente no tiene cabida. La utilización de palabras pertenecientes al campo semántico del recuerdo, el uso de adjetivos que expresan distancia en sentido físico y que, en el interior del poema, adquieren connotaciones temporales, la utilización constante del prefijo ri (re- en español) en ciertos verbos para marcar el carácter reiterativo de estos y el uso excesivo de los tiempos verbales pasados así lo manifiestan.
El enfrentamiento entre presente y pasado se hace patente a través de los personajes introducidos por Campana en sus poemas. Aquellos que pertenecen al pasado son grandes artistas provenientes de la cultura clásica como Miguel Ángel, Leonardo, Dante o Botticelli, o personajes marcadamente religiosos, como San Francisco de Asís, mientras que los que se enmarcan en la esfera temporal del presente son personajes marcados por la degradación como prostitutas, locos, borrachos y vagabundos, todos ellos presentados de manera despersonalizada y caracterizados como sombras pasajeras.
En definitiva, la originalidad y lo genuino de la poesía de Campana recae en su carácter marcadamente sensorial, en la riqueza cultural y léxica exacerbada de la que hace gala, en la profundidad abismal que se oculta tras sus versos y en su utilización de contrastes y oposiciones que colisionan para tratar de superar un dualismo aparentemente insalvable.

Juanjo Monsell

24 March 2018

¡MÁS LUZ! - La amplia visión angular de Lawrence Ferlinghetti (Traducción al Español de Juanjo Monsell)






Mi ex mujer fue la inspiración para Against the Chalk Cliffs. Los acantilados están sobre la playa de Bolinas, California, donde solíamos pasar el tiempo cuando vivíamos en North Beach, San Francisco. Los acantilados no son realmente de tiza pero yo sentía que ‘’chalk’’ en el título le otorgaba al asunto una sensación de fragilidad y vulnerabilidad. Yo sentía que ella era frágil. Lo pinté en mi primer estudio en San Francisco, en el 9 de Mission Street cerca del Embarcadero (el edificio Audiffred). Heredé el estudio de Hassel Smith, el pintor figurativo que había virado hacia lo no-objetivo. Allí había otros pintores del movimiento figurativo de San Francisco en el mismo piso, Frank Lobdell entre ellos. Era un estudio magnífico, un gran loft en un tercer piso con vistas a la Bahía. No había calefacción exceptuando una pequeña estufa de carbón, y, por encima de la planta baja, no había electricidad (exactamente igual que París – ciudad que acababa de abandonar). El alquiler eran 29$ al mes. En el segundo piso estaba el club ‘’Seven Seas’’ de Alcohólicos Anónimos y, durante la Gran Huelga del Puerto de los años treinta, algunos líderes sindicales como Harry Lundgren o Harry Bridges también tenían allí sus oficinas.





‘’Lo único que quería hacer era pintar la luz del sol sobre el costado de las casas’’, decía Edward Hopper (o algo por el estilo) y hubo legiones de poetas y cineastas obsesionados con la luz. Yo encajaría perfectamente con el romántico visionario e irracional que dice que la luz va antes y que la oscuridad no es más que una sombra fugaz que hay que eliminar con más luz. (‘’¡Más luz!” gritó el poeta al morir). Los poetas y los pintores son portadores naturales de luz y lo único que yo quería hacer era pintar luz en las paredes de la vida. 

Yo nunca quise ser un poeta. Me eligió, yo no lo elegí. Cuando uno se convierte en poeta lo hace, si no en contra de su voluntad, en contra de su buen juicio. Yo quería ser pintor pero, de los diez años en adelante, no han dejado de aparecer estos malditos poemas. Quizás algún día me abandonaran y podré retomar la pintura. 

Door to the Sea, una gran pintura, está ligeramente basada en el Door to the River de Willem de Kooning. Comenzó como una pintura totalmente abstracta, pero se colaron figuras humanas. Al haber crecido en Nueva York, me identifico, obviamente, con los expresionistas abstractos neoyorquinos, que eran mis coetáneos, y, al principio, trataba de pintar como de Kooning y Franz Kline y Robert Motherwell pero, en realidad, no poseía en absoluto su misma visión ya que la figura humana (hombre o mujer) siempre surgía. Más tarde, expresé este conflicto en una pintura llamada Triumph of the New York School, un gran lienzo con formas lineales negras superpuestas sobre humanos. Hago una distinción entre ‘’no-objetivo’’ y ‘’abstracto’’. Una pintura no-objetiva no es una ‘’abstracción’’ de un objeto o escena actual. Es una nueva creación que no tiene ninguna referencia fuera de ella. De este modo, ‘’expresionistas abstractos’’ es nombre inapropiado, pero así es como se hicieron conocidos, debido a la semántica descuidada de algún crítico.



El sol agradable del impresionismo crea poemas de luz y sombras. La luz rota del expresionismo abstracto crea poemas de caos. 

Las imágenes aparecen y desaparecen en la poesía y la pintura, salen de un vacío oscuro y entran de nuevo, mensajeros de luz y lluvia, elevan sus brillantes lámparas centelleantes y se desvanecen en un instante. Pero pueden ser vislumbradas el tiempo suficiente como para grabarse como sombrar en una pared de la caverna de Platón. 

El título Manhattan Transit está adaptado del libro de John Dos Passos. También fue pintado en el 9 de Mission Street. En aquellos días, antes de que Gesso apareciese en el mercado, los pintores cubrían sus lienzos crudos con cola de piel de conejo. Yo calentaba el bote de cola en la estufa de carbón. Esta es una de las tres o cuatro pinturas abstractas que hice en los cincuenta, un tiempo en el que realmente no sabía cómo dibujar. Era una salida fácil (¡cuántos otros pintores aspirantes hacían lo mismo!).



A través del arte, crea orden afuera del caos de la vida.


Los dibujos con carboncillo estaban basados en las poses de un minuto de modelos de estudio, generalmente llamados ‘’dibujos gestuales’’, y se hacían en los ochenta y noventa en mi estudio de Hunters Point Shipyard, en San Francisco. Al dibujo original, en todos los casos, añadía más tarde otra cara o cuerpo en un intento de otorgarle un poco de ambigüedad o misterio. No porque no haya misterio suficiente en un cuerpo desnudo, masculino o femenino.




De todos modos, ¿qué hace un cuerpo desnudo en la tierra y cuál es su misteriosa existencia? Además de eso, existe lo que suele llamarse ‘’el misterio de la Mujer’’, un concepto romántico que la dotaba de un atractivo inalcanzable e inescrutable tanto sexual como espiritual. Después, la revolución feminista bajó a la Mujer de su pedestal. Pero el cuerpo permanece igual.

Ten amplia visión angular: cada mirada, un vistazo del mundo. Expresa la vasta claridad del mundo exterior, el sol que nos ve a todos, la luna que esparce sombras sobre nosotros, estanques de jardín tranquilos, sauces en los que cantan tordos escondidos, crepúsculo que desciende junto con el río por los grandes espacios que se abren sobre el mar… Marea alta y llamada de la garza… Y la gente, la gente, sí, por toda la tierra, hablando lenguas de Babel. Dales voz a todos ellos.



Oh Pocahontas, Pocahontas! está destinada a expresar mi compasión por esta joven India Americana y todo lo que sufrió a manos de blancos admiradores y explotadores. Esta pintura no tiene nada que ver con la precisión histórica. Las imágenes de Pocahontas en esta pintura son imágenes recordadas de un libro para niños que debí de leer cuando tenía unos diez años. Durante todos estos años, he cargado este pequeño retablo, listo para ser proyectado en mi cráneo en cualquier momento. Ese tipo de instantáneas constituyen nuestras memorias y, cuando se bosquejan sobre un lienzo años después, reviven con toda su intensidad original (si el pintor es lo suficientemente bueno como para capturarla).



Lovers es otra gran pintura del que probablemente fue el modelo más bello que jamás haya tenido en mi estudio, una joven mujer pelirroja, seguramente posando por primera vez. Había frescor y pureza sobre ella. Más tarde, añadí la cabeza de un hombre barbudo y un poco más viejo que ella, quizás imaginando lo que sucedería en su futuro.






La poesía es la distancia más corta entre dos humanos. 

El Arte no es Casualidad. La Casualidad no es arte, excepto por casualidad. 

El brillo del sol de la poesía proyecta sombras. Píntalas también. 

Pinta como un demonio despierto, obsesionado. Lo que es importante en una pintura son sus fascinantes y misteriosas manifestaciones de vida. Así que dime qué vida hay para ti en tu pintura. Sé entusiasta. Excítate. No estés simplemente sentado. Excita la imaginación.



This Is Not a Man es claramente un juego con Ceci n’est pas une pipe de la pintura de René Magritte. Sin embargo, la pintura no tiene nada que ver con el Francés. La historia real se remonta a los años cuarenta, cuando uno de mis hermanos era el asistente del alcaide en la prisión de Sing Sing en el Hudson, en Nueva York. Tenía que presenciar todas las ejecuciones en la horrible silla vieja de madera con sus cables eléctricos, gruesas correas de piel para brazos y piernas y un pesado casco para la cabeza. Era un panorama espantoso incluso sin un hombre en él. Después de que mi hermano muriese, entre sus papeles se encontró una foto en blanco y negro de un hombre en la silla apunto de ser freído. En el reverso de la foto, escritas con lápiz, estaban las instruccioes para el ejecutador: ‘’Acopa los electrodos a la cabeza y las piernas”, etc. Serigrafié la foto en un lienzo y, después, pinte en él. Fue utilizada en una campaña mundial contra la pena capital y sigue estando disponible para ese uso. Pero la barbarie continúa. ¡Adelante, Soldados Cristianos!, ¡Matar o morir! En dos mil doce años de Cristianismo hemos sido capaces de mantener nuestros instintos más salvajes. 



Lo que tengo en mente es el arte como lugar para profundizar en el destino del hombre.






‘’Me he ganado el exilio’’ ha sido siempre una de mis citas favoritas de EP – una última palabra en su larga expatriación. ¡Tanta vida cupo en esa única línea de poesía! Es quizás una declaración vital tan fuerte como el ‘’En medio del camino de nuestra vida me encontré por una selva oscura” de Dante. Mi estudio abstracto de la cabeza de Pound está basado en un dibujo abstracto similar de Gaudier-Brzeska en la cubierta de la edición de New Directions de los Personae de Pound. Además del original, que todavía poseo, hay tres copias, ligeramente más pequeñas que el original – uno en la librería City Lights en San Francisco, uno en New Directions en Nueva York y uno propiedad de la hija de Pound, Mary de Rachewiltz en el norte de Italia. La visité hace casi diez años. Lógicamente podía haber estado molesta por mi escandalosa crítica de Pound en Americus: Book I pero, evidentemente, estaba contenta por el retrato pintado por mí. Ella es una valiente defensora de su padre, por supuesto. 



El arte tiene que hacerse por su cuenta, sin explicaciones, y para la poesía sucede lo mismo. Si el poema o la pintura tienen que explicarse, entonces hay un fallo en la comunicación.


Lawrence Ferlinghetti
Traducción: Juanjo Monsell


23 March 2018

PIÙ LUCE! - La visione grandangolare di Lawrence Ferlinghetti (traduzione di Gabriele Nero)






La mia ex-moglie è stata l'ispirazione per Against the Chalk Cliffs. Le scogliere sono vicino spiaggia di Bolinas, in California, dove passavamo del tempo quando vivevamo a North Beach, a San Francisco. Le scogliere non sono in realtà di gesso ma ho sentito che il "gesso" nel titolo conferiva al quadro un senso di fragilità e vulnerabilità. La sentivo fragile. L'ho dipinto nel mio primo studio a San Francisco, al 9 di Mission Street vicino all'Embarcadero (l'edificio Audiffred). Ho ereditato lo studio di Hassel Smith, il pittore figurativo che si era rivolto verso il non obiettivo. C'erano altri pittori del movimento figurativo di San Francisco sullo stesso piano, tra cui Frank Lobdell. Era uno studio magnifico, un grande loft al terzo piano con vista sulla baia. Non c'era riscaldamento se non per una piccola stufa a carbone e, al piano di sopra  non c'era nemmeno l'elettricità (proprio come Parigi, la città da cui ero appena andato via). L'affitto era di $ 29 al mese. Al secondo piano c'era il club "Seven Seas" degli Alcolisti Anonimi e, durante il Great Harbor Strike degli anni '30 (il grande sciopero dei portuali, ndt), anche alcuni dirigenti sindacali come Harry Lundgren o Harry Bridges avevano i loro uffici lì.


"Tutto quello che volevo era dipingere la luce del sole sulle facciate delle case", disse Edward Hopper (o qualcosa del genere) e c'erano legioni di poeti e cineasti ossessionati dalla luce. Concordo perfettamente con quel visionario romantico e irrazionale che dice che la luce venne prima di tutto, e che l'oscurità non è che un'ombra fugace che deve essere eliminata con più luce. ("Più luce!" Gridò il poeta in punto di morte). Poeti e pittori sono portatori naturali di luce e tutto quello che volevo fare era dipingere la luce sui muri della vita.

Non ho mai voluto essere un poeta. La poesia ha scelto me, io non l'ho scelta. Quando diventi un poeta, lo fai, se non contro la tua volontà, contro il tuo buonsenso. Volevo fare il pittore ma, da quando avevo dieci anni, queste maledette poesie non hanno più smesso di manifestarsi. Forse un giorno mi abbandoneranno e potrò riprendere a dipingere.

Door to the Sea, un quadro molto grande, è vagamente ispirato alla Door to the River di Willem de Kooning. È iniziato come un dipinto totalmente astratto, ma mi resi conto che si erano insinuate delle figure umane. Crescendo a New York, mi sono identificato, ovviamente, con gli espressionisti astratti di New York, che erano i miei contemporanei, e, all'inizio, ho provato a dipingere come Kooning e Franz Kline e Robert Motherwell ma, in realtà, non avevo più la loro stessa visione da quando questa figura umana (uomo o donna) emerse dalla tela. Più tardi, ho espresso questo conflitto in un dipinto intitolato Triumph of the New York School, una grande tela con forme lineari nere sovrapposte a figure umane. Faccio una netta distinzione tra "non oggettivi" e "astratti". Un dipinto non oggettivo non è una ''astrazione'' di un oggetto o di una scena corrente. È una nuova creazione che non ha alcun riferimento al di fuori di essa. In questo modo, "espressionisti astratti" è un nome inappropriato, ma è così che sono diventati noti, a causa della semantica trascurata di alcuni critici.



Il piacevole sole dell'impressionismo crea poesie di luce e ombre. La luce spezzata dell'espressionismo astratto crea poesie di caos.

Le immagini appaiono e scompaiono nella poesia e nel dipinto, escono da un vuoto oscuro e rientrano, messaggeri di luce e pioggia, alzano le loro lampade scintillanti e svaniscono in un istante. Ma possono essere intravistieabbastanza a lungo da essere immortalati come le ombre sulle pareti della caverna di Platone.

Il titolo Manhattan Transit è adattato dal libro di John Dos Passos. Anch'esso è stato dipinto al 9 di Mission Street. A quei tempi, prima che Gesso arrivasse sul mercato, i pittori ricoprivano le loro tele grezze con colla di pelle di coniglio. Ho riscaldato la pentola di colla sulla stufa a carbone. Questo è uno dei tre o quattro quadri astratti che ho fatto negli anni Cinquanta, in un momento in cui davvero non sapevo come disegnare. È stata una facile via d'uscita. (Quanti altri aspiranti pittori hanno fatto lo stesso!)



Attraverso l'arte, crea l'ordine al di fuori del caos della vita.

I disegni a carboncino erano basati sulle pose di un minuto di modelli di studio, generalmente definiti "disegni gestuali", e furono realizzati negli anni Ottanta e Novanta nel mio studio su Hunters Point Shipyard, a San Francisco. Al disegno originale, avevo aggiunto dopo aggiunto un'altra faccia o corpo, nel tentativo di concedergli un po 'di ambiguità o mistero. Non perché non ci sia abbastanza mistero in un corpo nudo di una donna o di un uomo.



Ad ogni modo, cosa fa un corpo nudo sulla terra e qual è la sua esistenza misteriosa? Oltre a ciò, c'è quello che viene solitamente chiamato "il mistero della donna", un concetto romantico che l'ha dotata di un'attrazione irraggiungibile e imperscrutabile, sia sessuale che spirituale. In seguito, la rivoluzione femminista ha fatto scendere la Donna dal suo piedistallo. Ma il corpo rimane lo stesso.

Mantieni un'ampia visione angolare: ogni sguardo è uno scorcio di mondo. Esprimi l'immensità del mondo là fuori: il sole che ci vede tutti, la luna che sparge ombre su di noi, i tranquilli stagni da giardino, i salici dove canta nascosto il tordo, il crepuscolo che cade lungo il fiume che scorre per infiniti spazi che si aprono sul mare ... l'alta marea e i versi dei gabbiani... E poi  la gente, sì, la gente, sparpagliata per tutta la terra e che parla lingue babeliche. Dai voce a tutti loro!



Oh Pocahontas, Pocahontas! Ha lo scopo di esprimere la mia compassione per questa giovane nativa americana e tutto ciò che ha sofferto per mano di corteggiatori bianchi e sfruttatori. Questo dipinto non ha nulla a che fare con la precisione storica. Le immagini di Pocahontas di questo dipinto sono immagini di ricordi in un libro per bambini che devo aver letto quando avevo circa dieci anni. In tutti questi anni ho portato questo piccolo tableau in giro, pronto ogni volta a essere proiettato nel mio cervello . Queste istantanee compongono la nostra memoria e quando vengono lanciate su una tela, anni dopo, tornano in vita con tutta la loro intensità originale (se il pittore è abbastanza bravo da saperle catturare).



Lovers è un altro quadro molto grande, in cui è rappresentata probabilmente la modella più bella che abbia mai avuto nel mio studio, una giovane donna dai capelli, che probabilmente sta posavaper la prima volta. C'era freschezza e purezza in lei. Più tardi, ho aggiunto la testa di un uomo barbuto e un po 'più grande di lei, forse immaginando cosa sarebbe successo nel suo futuro.



La poesia è la distanza più breve tra due esseri umani.

L'arte non è casuale. Il caso non è arte, se non per caso.

La luce del sole della poesia proietta ombre. Dipingi anche quelle.

Dipingi come un demone sveglio, ossessionato. Ciò che è importante in un quadro sono le sue affascinanti e misteriose manifestazioni di vita. Allora dimmi cos'è la vita per te nella tua pittura. Appassionati! Eccitati! Non fermarti! Eccita l'immaginazione!



This Is Not a Man è chiaramente un gioco riferito a Ceci n’est pas une pipe il quadro di René Magritte. Tuttavia, il dipinto non ha nulla a che vedere con il francese. La vera storia risale agli anni quaranta, quando uno dei miei fratelli era l'assistente del direttore nella prigione Sing Sing sull'Hudson, a New York. Doveva assistere a tutte le esecuzioni sull'orribile vecchia sedia di legno con i suoi cavi elettrici, spesse cinghie di cuoio per braccia e gambe, e un casco pesante. Era uno scenario spaventoso anche senza un uomo seduto sopra. Dopo che mio fratello morì, tra le sue carte c'era una foto in bianco e nero di un uomo sulla sedia che stava per essere fritto. Sul retro della foto, scritte a matita, c'erano le istruzioni per l'esecutore: "Metti gli elettrodi alla testa e alle gambe, ecc." Ho serigrafato la foto su una tela e poi l'ho dipinta. È stato utilizzato in una campagna globale contro la pena di morte ed è ancora a disposizione per tale uso. Ma la barbarie continua. Avanti avanti, soldati cristiani! Uccidi o verrai ucciso! In 2012 anni di Cristianesimo siamo stati in grado di mantenere intatto il nostro istinto più selvaggio.



Quello che ho in mente è l'arte come uno spazio per approfondire il destino dell'uomo.



"Ho sconfitto il mio esilio" è sempre stata una delle mie citazioni preferite di Ezra Pound - l'ultima parola sul suo lungo espatrio. Tanta vita è rinchiusa in quella linea di poesia! È forse una dichiarazione di vita quasi altrettanto forte di quella di Dante "Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura". Il mio studio astratto sulla testa di Pound si basa su un disegno altrettanto astratto di Gaudier-Brzeska sulla copertina dell'edizione New Directions di Pound, Personæ. Oltre all'originale che possiedo ancora, esistono solo altre tre copie, leggermente più piccole: una alla libreria City Lights di San Francisco, una alla New Directions a New York, e una di proprietà della figlia di Pound, Mary de Rachewiltz, nel nord Italia. L'ho visitata quasi dieci anni fa. Comprensibilmente, avrebbe potuto essere arrabbiata con me per la mia rauca critica di Pound in Americus: Book I, ma evidentemente è stata contenta del mio ritratto . Difende con valore la memoria di suo padre, naturalmente.



L'arte deve farcela da sola, senza spiegazioni, e la stessa cosa per la poesia.  Se la poesia o il quadro devono essere spiegati, allora c'è qualcosa che non va nella comunicazione.


Lawrence Ferlinghetti
Traduzione: Gabriele Nero