COPERTINA DI
MARCO DE LUCA
«Dividere il cielo con gli stambecchi,
ma anche con i camosci e le marmotte, è un’esperienza molto gradevole e unica
nel suo genere: l’anima si allarga, lo spirito si arricchisce e l’innocenza
degli animali fa dimenticare la malvagità degli umani».
È questa la fondamentale esperienza fatta da
Anacleto Verrecchia in gioventù, quando per tre anni visse, lavorò e meditò nel
Parco del Gran Paradiso. Esperienza
non d’isolamento, ma, piuttosto, di diradamento del commercio coi propri
simili. Cosa cercava lassù? Certo, conforto da un tormentoso dolore, come
l’essere stato testimone diretto, da bambino, degli orrori della Battaglia di
Montecassino. Ma trovò anche altro: un punto nuovo d’osservazione degli uomini,
la possibilità d’accedere ad un diverso grado di conoscenza. Di quel periodo è
rimasto questo libro: un diario, uno zibaldone di riflessioni. Da luogo reale
il Parco diventò per lui anche un luogo mentale, un rifugio, una costante del
suo modo di giudicare e soprattutto del suo modo di essere.
Anacleto
Verrecchia (Vallerotonda, 1926 - Torino, 2012) germanista e filosofo, ha
vissuto fra Torino e Vienna, dove è stato per anni addetto culturale. Ha
scritto numerosi libri tra i quali La
catastofe di Nietzsche a Torino (Einaudi 1978), Giordano Bruno la falena dello spirito (Donzelli
2000) e Cieli d’Italia (El
Doctor Sax 2019) e ha collaborato con le pagine culturali de La Stampa, Die Presse e Die
Welt. Verrecchia odiava la caccia, i politici, i cacalibri e i
preti; invece amava molto Schopenhauer, la natura, le montagne, gli alberi
monumentali e lo sguardo nobile degli animali. Lavorò sempre al confine tra letteratura e filosofia: la
sua prosa filosofica chiara, energica e spesso polemica, è stata giudicata tra
le migliori scritte oggi in Italia.
«"Diario del Gran Paradiso" è senza alcun dubbio il libro più bello di Anacleto Verrecchia».
Sossio Giametta
«Intanto Cognetti, per non perdere il lettore tra cazzuola e materiali idraulici, infila senza citarle perle di saggezza di Thoreau, Twain e soprattutto di Anacleto Verrecchia, autore di quel “Diario dal Gran Paradiso” che avremo letto in cento (tra cui Cognetti) perché è un capolavoro immenso scritto dal giornalista culturale de “La Stampa” e tra i massimi studiosi europei della vita di Nietzsche»
Gian Paolo Serino
«Ho girato
il mondo e fatto mille esperienze, sempre fedele alla mia idea che l’uomo, se
non vuole arrugginire, deve di tanto in tanto cambiare lavoro e rinnovarsi. Così ho frequentato
industriali e quattrinai, scrittori e professori, diplomatici e gente di mondo.
Ma giuro, e prego il lettore di credermi, che non ho mai incontrato una
creatura più nobile, più fiera e soprattutto più onesta dello stambecco, che
vive in alto e disdegna le bassure. A lui dedico queste pagine della mia
giovinezza».