24 September 2018

PURO BUITRE de Marina González - Reseña de un lector en Amazon



Visceral, violenta, cálida, fría, húmeda, melancólica, salvaje, fluida, orgánica... difícil encontrar una sola palabra que resuma la poesía de la autora. ¿Asombrosa, quizá?

Sus relatos nos acercan a historias cotidianas que se mueven entre la tragedia, la incertidumbre, el patetismo y la risa; incluso a veces todo en la misma historia (Me viene a la mente uno en particular: Los Gómez). Consigue de forma brillante que, por unos momentos, nos sintamos testigos de las intimidades de unos completos desconocidos.

Personalmente, me he quedado con ganas de más. Habrá que estar pendiente de la colección de relatos y la novela inéditas que se anuncian en sus últimas páginas.
Paco

18 September 2018

PURO BUITRE - Marina González

Con Puro Buitre, su cuarto poemario, Marina González (Valencia, 1985) marca una fractura importante respecto a su producción poética anterior. Es un libro desencantado, traspasado por el desasosiego y sumergido de lleno en las tintas atlánticas de Lisboa, donde la autora vive desde hace unos años. Puro Buitre empuja al lector desde la primera página hacia el lado más oscuro y animal de la condición humana, dejando tras de sí pocas posibilidades de redención. 

La voz de Marina González es un grito de dolor, y al mismo tiempo la cínica descripción de un mundo que se deshumaniza paulatinamente. Es una voz en la que retumban los ecos de la poesía universal: ecos de Safo y Dylan Thomas, de Pessoa y de Emily Dickinson, y que no obstante conserva su propia originalidad. 

La autora pinta cuadros poéticos neo-expresionistas, enmarcando la poesía dentro de lo cotidiano y creando coloridos contrastes entre mundos postizos y sentimientos verdaderos, entre las miserias humanas y lo más elevado de nuestra existencia: la poesía. 

«Hay un pajarito aplastado en el asfalto. Un círculo de masa y dieciocho plumas. El viento todavía simula movimiento. Vivió a la intemperie, como todos». 




14 September 2018

PUDD'NHEAD WILSON - Mark Twain (New Edition 2018)

Born November 30, 1835 in Florida, Mark Twain “came in with the comet” and as he predicted he went “out with the comet” passing away on April 21, 1910, the day after Halley’s Comet returned. His real name was Samuel Longhorne Clemens, and he took his pen name from his days as a riverboat pilot on the Mississippi River where the cry “mark twain” signaled the depth of water -- about 12 feet was required for the safe passage of riverboats. Mark Twain was a talented writer, speaker and humorist whose own personality shined through his work. As his writing grew in popularity, he became a public figure and iconic American. As the young country grew in size but not in a cultural manner to the liking of the European gentry, it became fashionable to criticize "the ugly American.” 



Pudd’nhead Wilson is setted in the fictional Missouri frontier town of Dawson’s Landing on the banks of the Mississippi River, in the first half of the 19th century. David Wilson, a young lawyer, moves to town and a clever remark of his is misunderstood, which causes locals to brand him a ”pudd’nhead” – a nitwit. His hobby of collecting fingerprints does not raise his standing in the townsfolk’s eyes, who see him as an eccentric and do not frequent his law practice. Puddn’head Wilson moves into the background as the focus shifts to the slave Roxy, her son, and the family they serve. Roxy is only one-sixteenth black, and her son Valet de Chambre (referred to as ”Chambers”) is only 1/32 black. Roxy is principally charged with caring for her inattentive master’s infant son Tom Driscoll, who is the same age as her own son... 

“Adam was but human—this explains it all. He did not want the apple for the apple's sake, he wanted it only because it was forbidden. The mistake was in not forbidding the serpent; then he would have eaten the serpent.”




21 August 2018

WILSON LO SVITATO - Mark Twain (NUOVA EDIZIONE 2018)



La storia è ambientata nella prima metà dell'800, a Dawson’s Landing, una cittadina della Louisiana sulle rive del Mississipi dove vive una comunità di famiglie borghesi quasi tutte in possesso di campi di lavoro e di schiavi neri. Un piccolo mondo chiuso in se stesso, in cui si tramandano i privilegi di generazione in generazione, dove a trionfare sono il pettegolezzo e una morale comune di provincia. E' in questa cittadina che giunge in un giorno d'inverno del 1830 un giovane avvocato in cerca di fortuna, David Wilson, con una ossessiva passione per le impronte digitali, che verrà soprannominato Lo Svitato a causa di una sfortunata battuta pronunciata proprio il giorno del suo arrivo. Wilson è l’elemento singolare, il singolo che entra a risolvere i vari dualismi che si troverà a sbrogliare. Wilson è poco più di una comparsa per buona parte del romanzo, ma che invece assumerà un ruolo di primaria importanza nell'ultimo atto di un intrigo assai curioso. La vicenda ruota intorno alla figura di Roxanne, una schiava mulatta che fa di tutto per assicurare al suo figliolo una vita migliore, scambiandolo di culla con il figlio del suo padrone, stravolgendo le esistenze dei due bambini. Vite ambigue che porteranno un ragazzo mulatto a vivere tra i privilegi e i vizi di un bianco proprietario terriero e un bianco a vivere come uno schiavo con sangue nero. Twain fa emergere come le differenze razziali e la schiavitù siano in realtà categorie inesistenti,facendo capire al lettore come sia l’ambiente circostante a formare l’individuo mettendo in evidenza l’ottusità della mentalità dei suoi contemporanei. 



Nato 30 novembre 1835 in Florida, Mark Twain " venne al mondo come una cometa", " e morì il 21 aprile 1910, il giorno dopo il passaggio della cometa di Halley attraverso l’orbita terrestre. Il suo vero nome era Samuel Longhorne Clemens, pescò il suo nome d'arte dai suoi giorni come pilota battello sul Mississippi, dove il grido "Mark Twain" veniva usato dai marinai per segnalare la profondità dell’acqua. Mark Twain era uno scrittore di talento, un sagace oratore e umorista brillante. Mise in luce le contraddizioni di un nuovo paese che stava crescendo economicamente, ma che rimaneva fossilizzato dal punto di vista culturale e sociale. Twain fu uno dei primi intellettuali antimperialisti che utilizzò la letterataura come strumento di denuncia contro il modello nascente dell’ Ugly American, tema che caratterizzerà tutta la letteratura statunitense del XX secolo. Non è certo un caso che William Faulkner sostenesse che “Twain è il padre di tutta la letteratura americana”.





03 August 2018

Opera Iniqua recensione - "Il coraggio dell'inattuale" di Daniele Mattei



Il libro di Federico Febbo è inattuale ma proprio per questo attuale. E rivoltoso. È rivoltoso il linguaggio, lo stile, il détournement elegante, l’allegoria sottile.

È rivoltoso il suo essere un massimalista e narrare una storia fregandosene delle storie, storielle, novelle e novellini inutili e minimaliste. Federico non vuole, anzi esige che sia il lettore a venire verso l’opera e non il contrario. Non svende nè tantomeno vende, semmai cerca una chiave per l’innominabile attuale come ben l’ha chiamato Calasso, che diciamo oltre che innominabile è sempre più ignobile. E a questo gioco al ribasso gioca il quasi intero mondo letterario.

Opera Iniqua è maestra di allegorie, Federico Febbo è l’antitesi e l’antidoto dell’attuale meccanismo di produzione letteraria: piccole storie per piccoli sommovimenti, più intestinali che intellettuali. Federico vola alto, indica una strada, smarrendola, smarrendosi e smarrendoci, ma sa bene quale è la sua strada, ch’è quella di una ossessiva ricerca del vero cercato tramite il suo percorso. D’altronde a ogni artista è dato il compito morale di smarrirsi e smarrirci come vuole.
Ricercare. Ricostruire.

Oggi ciò tanto più appare antimoderno quanto in realtà è rivoluzionario. Cosa intendo per vero? E perché ricostruire oggi, nel compiaciuto nichilismo e annichilente panorama è rivoluzionario?

Febbo lo sa, anche se lo svela non facilmente, ma non ha alcuna intenzione di prenderci in giro e sopratutto di prendersi in giro. È vero, disprezza il mondo, ma se ci fosse anche solo una piccola pietra da levigare in mezzo al marcio per far rilùcere uno straccio di verità e bellezza - dentro questo orrore più ridicolo che tremendo - sono sicuro, lo troveremmo là ad adempiere al suo compito.
Daniele Mattei

23 July 2018

20 July 2018

24 June 2018

Opera Iniqua recensione di Fabrizio Salvati

 



Un romanzo senza tempo, una sfida, una provocazione continua verso se stessi, verso gli altri.Tanti spunti stimolanti, momenti di grandissima intensità, scene e caratteri che restano scolpiti nella testa e ti accompagnano anche al termine della lettura.

Opera Iniqua ha la capacità di creare immagini fortissime e di scioglierle nell'istante in cui faticosamente provi ad afferrarle, lasciandoti inesorabilmente spaesato ed in cerca di nuovi riferimenti. Una rincorsa continua da parte di chi legge nel tentativo di decifrare il gioco perverso dell'autore, che cambia le regole in corsa e lascia che le domande si accumulino, prendendosi tutto il proprio nobile spazio di eccellente romanziere per eventuali risposte.

In queste pagine non c'è luogo per la salvezza, la redenzione, qui si respira l'arte nella sua pienezza, a volte indecifrabile, a volte paurosa, e quindi pura.
Febbo pretende tanto da se stesso, è evidente l'accuratezza di questo lavoro, la costruzione minuziosa, la ricerca dei particolari mai fine a se stessa, ma pretende ancora di più dal lettore, in qualche modo cerca di scuoterlo, di schiaffeggiarlo, di sputargli (letteralmente) in faccia la sua verità, le sue verità, le sue menzogne.

In un continuo viaggio interiore, insieme al protagonista veniamo catapultati da Roma a Vulci, da Bologna all'abbazia di Altacomba, dal sacro al profano, dalla bellezza fino all'aberrazione dell'inenarrabile; veniamo presi per mano dallo scrittore e guidati ognuno nel proprio personalissimo viaggio, ma sul più bello, Febbo ha la grandezza ed il coraggio di spegnere tutte le luci, e gli astri celesti, lasciandoci al buio, in ginocchio a vagare tra le nostre ancestrali paure, immersi nei nostri fantasmi. Mai titolo fu più azzeccato. Un romanzo imprescindibile, da leggere ed assaporare, fino all'ultima goccia del suo nettare dolce e velenoso.


31 May 2018

Dino Campana: el poeta maldito de la literatura italiana



Dino Campana nace en Marradi, un pequeño pueblo de la provincia de Florencia, el 20 de agosto de 1885, hijo de Giovanni Campana, director de escuela, descrito como un hombre débil y de carácter sumiso, y de Francesca Luti, una mujer severa y ferviente creyente católica.
Su infancia transcurre de un modo aparentemente tranquilo hasta los 15 años, edad en que comienza a sufrir y le son diagnosticados trastornos nerviosos.
Estudia en Faenza y Carmagnola antes de regresar de nuevo a Marradi. Las crisis nerviosas se agudizan tras su vuelta a Marradi y comienza a padecer frecuentes cambios de humor, síntomas de las difíciles relaciones con la familia y el pueblo natal.
Tras cumplir los 18 años, estudia química en Bolonia y Florencia. Pronto comienza a sentir un deseo incontrolable de huir y dedicarse a una vida errabunda. La primera reacción de la familia, del pueblo así como también de las autoridades públicas fue la de considerar las extrañezas de Campana como signos evidentes de su locura. Cada una de sus huidas a países extranjeros era seguida de un internamiento en un manicomio.
Es internado por primera vez en el manicomio de Imola (Bolonia) en septiembre de 1905. Intenta fugarse entre mayo y julio de 1906 para llegar a Suiza y, desde allí, a Francia. Es arrestado en Bardonecchia (Turín) y encerrado de nuevo en Imola.
En el otoño de 1907, ya salido del manicomio, Campana parte desde Génova con rumbo a Argentina, país por el que se dedica a vagabundear. En 1909 reaparece en Marradi, donde es arrestado e internado por un breve período de tiempo en el San Salvi de Florencia. Tras el internamiento, viaja a Bélgica y es arrestado en Bruselas, por lo que es internado en la maison de santé de Tournay en 1910. Pide ayuda a la familia y vuelve a Marradi, donde pasa un período bastante tranquilo.
En 1913 viaja a Florencia y se presenta en la redacción de la revista Lacerba de Giovanni Papini y Ardengo Soffici donde deja el manuscrito de su obra Il più lungo giorno (El día más largo). El manuscrito no es tenido en cuenta y pronto se pierde. Después de algunos meses sin recibir respuesta alguna, Campana viaja desde Marradi a Florencia para recuperar el manuscrito. Papini ya no lo posee y Soffici asegura no haberlo poseído nunca. Campana se desespera ante este hecho, ya que el manuscrito era la única copia existente de la obra.
A comienzos de 1914, perdida toda esperanza de recuperar el manuscrito, Campana decide reescribirlo de memoria; en pocos meses, trabajando también de noche y a costa de un gran esfuerzo mental, logra finalizar la reescritura del libro, aunque con numerosas modificaciones y adiciones. Ese mismo año consigue publicar la obra con un nuevo título: Canti Orfici (Cantos Órficos). Pasa todo el año siguiente vagando sin rumbo fijo entre Turín, Domodossola y Florencia. Tras el estallido de la Primera Guerra Mundial, Campana se libra del servicio militar. Oficialmente es exonerado debido a problemas de salud física, aunque en realidad se debe a que es considerado un enfermo mental grave.
En 1916 conoce a la escritora Sibilla Aleramo, con la que mantiene una intensa y tumultuosa relación hasta comienzos de 19017.
En 1918 Campana es internado en el hospital psiquiátrico de Villa di Castelpulci, donde se le diagnostica hebefrenia. Muere en el hospital en 1932 a causa de una septicemia provocada por una herida en la zona escrotal sufrida al intentar huir del hospital.



DINO CAMPANA, EL MITO
Dino Campana es considerado como uno de los casos más enigmáticos de la literatura italiana del siglo XX, hecho que ha generado el surgimiento de una leyenda en torno a su figura. Esta leyenda se ha sustentado no tanto en el carácter hermético y de difícil comprensión de su obra poética como en su biografía y su carácter. Sus extravagancias y su insociabilidad, provocadas por la enfermedad mental que padecía, los múltiples viajes que realizó buscando la huida, su taciturnidad, su aspecto físico (ropas raídas, zapatos viejos, largos cabellos y barba) y su pronta muerte han alimentado esta leyenda.
La leyenda de Campana ha ido siempre unida al carácter maldito del poeta. Uno de los motivos de su unión a los poetas maudits fue su interés y fascinación por poetas como Baudelaire, Verlaine, Rimbaud y Mallarmé. La crítica literaria de la época lo comparó con algunos de estos poetas poniendo de relieve su espíritu libre e insociable, en un intento de difusión de la poesía de Campana. Incluso en la edición de 1942 de Canti Orfici, la editorial florentina Vallecchi presentó a Campana como el único poeta maldito italiano.



CONTEXTO CULTURAL
La cultura italiana de comienzos del siglo XX estuvo caracterizada por el surgimiento de diversas revistas literarias y políticas que dieron luz a un intenso debate en torno a la situación de la sociedad italiana y las perspectivas futuras a las que debería enfrentarse Italia en el contexto de la lucha colonialista que tenía lugar en África.
Campana logró publicar en dos de las principales revistas de la época: Lacerba y La Voce. Campana mantuvo una estrecha relación con los principales responsables de la revista Lacerba, Papini y Soffici, que le permitieron entrar en contacto con los futuristas, ya que existían varios puntos en común en lo relativo a la postura artística defendida por estos y los lacerbistas: el derecho a la contradicción, la libertad y la ausencia de prejuicios.
La amistad que Campana mantuvo con Papini y Soffici estuvo marcada desde el comienzo por la contradicción y la desigualdad. Campana pasó de la profunda admiración que sentía por ambos al odio, terminando por considerarlos como los representantes de una cultura institucionalizada y podrida. Las disputas que surgieron entre ellos son patentes en los artículos escritos por los dos críticos así como en la correspondencia que mantuvo el poeta con ellos. La desaparición del manuscrito de Campana, que se encontraba en manos de los críticos, fue determinante para el enfrentamiento del poeta con Papini y Soffici.
En lo relativo al movimiento futurista, Campana mantuvo siempre una actitud muy crítica hacia este. Pueden apreciarse influencias del movimiento dentro de su obra, como la destrucción de la sintaxis y la construcción de imágenes sin hilos conductores, pero Campana no podía aceptar el ataque a la cultura tradicional propugnada por los futuristas, ya que su poseía asentaba sus bases sobre el pasado cultural italiano. Además, no podía aceptar la sociedad en la que vivía, ya que él se sentía un ser salvaje y libre únicamente en la naturaleza. Lo cierto es que Campana mostró siempre más admiración hacia la figura de Marinetti que hacia el movimiento que encabezaba.



CANTI ORFICI
El acercamiento a la obra de Dino Campana genera vértigo en el lector. Un vértigo provocado por la inmensidad que se esconde tras sus palabras, por lo inasible de sus imágenes. Cada uno de sus versos entraña una multiplicidad de significados situados a diferentes niveles. Sus oraciones dejan únicamente entrever un pequeño destello surgido de las profundidades que albergan en sí mismas.
Campana crea un lenguaje, el suyo propio, a través de prosa y poesía, de registros estilísticos contradictorios, de recuerdos y evocaciones, de tiempos verbales superpuestos, de narraciones, descripciones y delirios, de retrospecciones y prospecciones, de rupturas del ritmo poético generadas mediante la destrucción del orden sintáctico lógico, de creaciones e importaciones semánticas y de un enorme caudal léxico proveniente de la cultura clásica. Y precisamente en esta creación original es donde radica la dificultad de su comprensión. Su poesía deviene isla inaccesible.
Su poesía es poesía que primero debe ser vista y oída, para después ser leída. Así lo exige la enorme cantidad de imágenes marcadas por el juego cromático y de luces y sombras que aparecen dentro de los Cantos Órficos; así lo exigen las descripciones de paisajes ligados a la naturaleza, algunos estáticos y, otros, de un dinamismo inaprensible provocado por el continuo devenir del vagabundeo y del viaje. Así lo exige la presencia constante del silencio y la mudez, reflejo de soledad y libertad, que contrasta con los diferentes cantos, gritos o ruidos y la musicalidad que adquieren ciertos elementos naturales, como el agua.
De especial interés es la presencia de la memoria en el interior de la obra. El pasado aparece como un dulce oasis donde la tragicidad del presente no tiene cabida. La utilización de palabras pertenecientes al campo semántico del recuerdo, el uso de adjetivos que expresan distancia en sentido físico y que, en el interior del poema, adquieren connotaciones temporales, la utilización constante del prefijo ri (re- en español) en ciertos verbos para marcar el carácter reiterativo de estos y el uso excesivo de los tiempos verbales pasados así lo manifiestan.
El enfrentamiento entre presente y pasado se hace patente a través de los personajes introducidos por Campana en sus poemas. Aquellos que pertenecen al pasado son grandes artistas provenientes de la cultura clásica como Miguel Ángel, Leonardo, Dante o Botticelli, o personajes marcadamente religiosos, como San Francisco de Asís, mientras que los que se enmarcan en la esfera temporal del presente son personajes marcados por la degradación como prostitutas, locos, borrachos y vagabundos, todos ellos presentados de manera despersonalizada y caracterizados como sombras pasajeras.
En definitiva, la originalidad y lo genuino de la poesía de Campana recae en su carácter marcadamente sensorial, en la riqueza cultural y léxica exacerbada de la que hace gala, en la profundidad abismal que se oculta tras sus versos y en su utilización de contrastes y oposiciones que colisionan para tratar de superar un dualismo aparentemente insalvable.

Juanjo Monsell

15 May 2018

Il primo Dio di Emanuel Carnevali - Rensioni dei lettori su Amazon


IL TORMENTO DELLA VITA
Quando il dolore di vivere si tramuta in capolavoro. Un'esistenza che racchiude molteplici vite, tutte accomunate da un tormento esistenziale simile al martirio. Ascesa e caduta, sanità e follia. La nascita di un Dio, l'unico Dio.
Stefania Maggio


MI È PIACIUTO
Emanuel Carnevali è un autore "dimenticato" che desta profonde emozioni. Un libro commovente da riscoprire e rileggere a distanza di tempo. Lettura Consigliata.
Cliente Amazon


BELLO MA UN PO' COMPLICATO
Libro molto bello e complesso di uno scrittore molto poco conosciuto da noi in Italia, ma che era diventato un caso letterario negli Stati Uniti.
Marcella Vigna


MERAVIGLIOSO
Non conoscevo l'autore, ma non si può non rimanerne affascinati ed al tempo stesso estasiati per lo stile dell'autore.
1911dc


LIBRO NUOVO E MOLTO BELLO
Mi sento di consigliare vivamente questo libro e la casa editrice a tutti quanti
si possono toccare puntualità e bellezza.
Cliente Amazon