Charme è un trentenne di origini francoprovenzali trapiantato dalla Savoia in Italia, al di sotto della presa di coscienza artistica, sociale e politica dei suoi tempi. La sua storia ha inizio con un viaggio da Roma verso la necropoli di Vulci, su una nostalgica carrozza assieme ai suoi facoltosi amici Aronne e Cleto, due intellettuali ostinati, saturi dell’idea che ciò che ci lasciamo dietro ogni giorno è più prezioso di quello che conquistiamo. Sarà il sospetto finale di questa gita a dare l’abbrivio al romanzo, in cui Charme, invaghito dalla presunzione di essere uno scrittore d’ingegno, si accompagnerà a personalità letterarie e politiche arrivando a sostituirsi a loro. Da falso artista per un falso pubblico a sindaco di un paese di provincia, da facchino a segretario particolare del Presidente della Repubblica Italiana, la convalescenza di Charme verrà turbata da una malattia mentale evidente eppure equivoca. I suoi confortevoli ideali, e un grado di talento pari alle capacità più comuni dei suoi simili, lo spingeranno davanti a una scelta tra passioni e feroci ambizioni. Incontrerà sulla sua strada un morto apparente tra i vivi di professione come il poeta Sabatino Rivoli, oppure il Capo dello Stato; così il giovane sostituirà la grande fatica del vivere a un impegno impossibile: la pretesa di diventare un educatore del Paese. Conoscerà asceti del pressapochismo, giornalisti straccioni, democratici e insurrezionalisti simili a maghi e guaritori sorretti da un livello di alfabetizzazione reciproca. Tutti lotteranno ricavandone un dubbio guadagno, pur di ottenere il vantaggio della certezza di esistere. Alla fine del racconto questa dedizione alla propria esistenza e alla ricerca della salute, ci condurrà di nuovo al sepolcreto di Vulci, là dove qualcosa tra l’infermità e il divino aveva dato inizio al lungo anno di Charme Genetti, completando questa testimonianza con il sospetto che nella testa possa esserci qualcos’altro che non il solo pensiero, e riuscendo da ultimo a ottenere una risposta della quale il lettore è meglio che non domandi.
Federico Febbo è nato a Roma il 14 maggio del 1976. Ha lavorato per l’Università Pontificia Gregoriana di Roma, per il Museo Signorini Corsi a L'Aquila, per la Casa Museo Mario Praz e per la Mirabilia Art Gallery. È stato assistente della gallerista Carla Panicali (il Segno, la Marlborough, l'Isola a Roma, Panicali Fine Art e Art for Architecture di New York) ha tradotto conferenze e interviste di Jacques Lacan, Emil Cioran, Mircea Eliade, Gilles Deleuze e Pierre Klossowski. Ha scritto per riviste d’arte e cultura come Estra, Urbis et Artis, Mito Roma ed ha pubblicato romanzi sotto pseudonimo. Il primo lavoro inedito dal titolo Tramonto Italia, e Opera Iniqua, sono stati pubblicati sulla rivista “Il Primo Amore” diretta da Antonio Moresco. Attualmente lavora nella Galleria d’Arte Pulcherrima di Roma.
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