19 June 2021
17 June 2021
15 June 2021
14 June 2021
13 June 2021
12 June 2021
#7 PRETA. LEGGERE DOVE NON SI LEGGE - di Gaia Russo Frattasi e Eugenio Di Donato
In viaggio con Sangue e Latte, di Gaia Russo Frattasi ed Eugenio Di Donato un racconto tra Abruzzo, Lazio e Marche in 12 tappe.
A Preta non c’ero mai stato. Ci arriviamo passando per Campotosto, un paese che non esiste più. Circumnavighiamo il lago omonimo e arriviamo a Mascione. Passiamo per Capitignano e Monte Reale che con il suo nome e l’immenso viale alberato evoca grandi città reali come Torino e Caserta.
È tardi, il sole è sceso da un pezzo e Montereale è quasi deserta. Lungo il viale è aperta una rosticceria. Beviamo una birra e sgranocchiamo delle crocchette di patate appena sfornate. Di fronte a noi tre signore chiacchierano nella frescura della sera. Rifocillati continuiamo il giro quando ci coglie intenso l’odore del pane. Esplode da dietro le mura di una grossa casa in pietra, si infila potente nelle narici, riempie l’aria e corre giù lungo la via.
È il forno del paese, il forno del territorio, da qui parte il pane per i comuni in basso lungo la vallata, per il centro commerciale. Perfino per L’Aquila.
Ha salvato diverse persone quella notte, il signore è un volontario della croce rossa. Hanno caricato sull’unica ambulanza tutte le persone che potevano. Quando hanno finito le garze hanno bendato i feriti con le magliette, sistemato i cadaveri come potevano uno accanto all’altro.
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05 June 2021
#6 PRETARA CASTELLI. LEGGERE DOVE NON SI LEGGE - di Gaia Russo Frattasi e Eugenio Di Donato
A Pretara ci si andava da soli, a fare i traversi quando non si aveva una compagno con cui scalare. Ci si andava a provare la mitica Pino la Rana, un 6b ammanigliato sotto la pancia del Sasso.
Una via che a guardarla sembra impossibile da salire e che invece si riesce a scalare. Una via che oggi per la sua difficoltà fa ridere ma che nel ’95, in provincia di Teramo, non era affatto scontata. All’epoca non c’erano molte falesie chiodate nella provincia. E anche Pino la Rana oggi chiodata a fittoni resinati era protetta con un paio di cordini, due cavetti d’acciaio morsati intorno a una clessidra e un unico spit da 8 mm prima di arrivare in catena.
La prima volta che ho salito Pino La Rana è stata una grande, grandissima, soddisfazione. L’ho imparata guardando Gilberto. Eravamo in pochi a salirla nel ’95. Eravamo in pochi a scalare. All’epoca almeno a Teramo, ma credo in Abruzzo non esisteva ancora la resina.
Ci sono stato decine e decine di volte a Pretara, centinaia, senza esagerazione, davvero tante, ma non ero mai andato a vedere i lavatoi. Per noi arrampicatori Pretara era il Sasso. Il mondo cominciava e si esauriva intorno al Sasso. Un sasso che oggi non basta più, e che non bastava nemmeno allora, è, in effetti, una miniatura di falesia, ma resta bellissimo, piantato lì a un metro dal fiume, e con la sua via più difficile, La Sud del Camicia, un ostico 7a dà ancora del filo da torcere.
Su Castelli avrei molto da dire, è il luogo insieme a Milano dove ho trascorso più tempo, per ora mi taccio e lascio raccontare gli scorci del filmato.
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02 June 2021
01 June 2021
31 May 2021
29 May 2021
#5 FONDO DELLA SALSA. LEGGERE DOVE NON SI LEGGE - di Gaia Russo Frattasi e Eugenio Di Donato
C’era una volta il nevaio più a Sud d’Europa.
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27 May 2021
EMANUEL CARNEVALI: LA DESDICHA DE LA LUCIDEZ - por Rafael Becerra
Al lector de poesía le ocurren muchas cosas. Llega un momento en que su bagaje es tan amplio que encuentra difícil sorprenderse, esto no quiere decir que no disfrute con ella, pues la variedad a lo largo de la historia es tremenda. Pero a veces se entra en un estado de conocimiento pedante que lo puede distraer de la obra que tiene delante.
Hace poco ha llegado a mis manos el libro: Molestando a América. De Emanuel Carnevali. Y puedo decir sin reparos que es el puñetazo en el estómago más fuerte que he recibido en muchos años.
Hay poetas que jalonan la historia de la poesía embarrando los jardines floridos, no abundan, y siempre rondaron los límites de la marginalidad y de la autodestrucción. A mí siempre me atrajeron como un imán, admiro la belleza, la destreza en el lenguaje, pero por encima de todo, me rindo ante la crudeza, ante la realidad versada de forma magistral. Esto tal vez tenga que ver con el devenir de mi propia vida, con una característica que la ha marcado: la decepción. Emanuel era un decepcionado. Su rastro va dejando miguitas de amargura destilada que me hace suponer un espíritu marcado a fuego, una voluntad anómica que no esperaba nada de los demás ni de la vida. Esta febril existencia tenía por fuerza que marcar herrumbrosamente su estilo creativo. Y arribando a la tierra prometida ya sabía lo que se iba a encontrar. Puede que sus compañeros de viajes soñaran con un destino definitivo donde poder integrarse y consolidar una sociedad en ciernes, pero el poeta no. Él estaba condenado a la expectación, a revelar la realidad de una fotografía sin encuadre. Podría decirse que el decepcionado nace, no se hace. Los poemas de Carnevali tienen la crudeza, la fina ironía, el desenlace, y la estructura del que aspira el aire a bocanadas en un ambiente asfixiante para poder sobrevivir. Aquí no hay bromas, se nota la seguridad del que va dominando el páramo, del que vive en el fango conociendo sus secretos.
¿Cuántos poetas? ¿Cuántos ignorados, perdidos, enterrados? La misión fundamental es encontrarlos, descubrirlos, publicarlos. Ahí está el aire a respirar. Un amigo atemporal que nos susurra ayudándonos a sobrevivir, a llevar nuestra decepción con dignidad.
25 May 2021
El retrato de Henry David Thoreau - por Rafael Becerra
“La verdad es que hoy en día no somos, incluidos los caminantes, sino cruzados de corazón débil que acometen sin perseverancia empresas inacabables. Nuestras expediciones consisten solo en dar una vuelta, y al atardecer volvemos otra vez al lugar familiar del que salimos, donde tenemos el corazón. La mitad del camino no es otra cosa que desandar lo andado. Tal vez tuviéramos que prolongar el más breve de los paseos, con imperecedero espíritu de aventura, para no volver nunca, dispuestos a que solo regresasen a nuestros afligidos reinos, como reliquias, nuestros corazones embalsamados. Si te sientes dispuesto a abandonar padre y madre, hermano y hermana, esposa, hijo y amigos, y a no volver a verlos nunca; si has pagado tus deudas, hecho testamento, puesto en orden todos tus asuntos y eres un hombre libre, si es así, estás listo para una caminata”.
Esto que acabamos de leer pertenece al ensayo: Caminar de Henry David Thoreau, sin lugar a dudas uno de los textos fundacionales de lo que muchos años más tarde sería conocida como la generación BEAT. Thoureau a través de sus escritos se convierte en maestro de unos jóvenes ávidos de conocimiento. El americano tiene espíritu aventurero, en todos sus antepasados hay un colono o un explorador, (también un invasor y un saqueador, amparados por su dios y su idea del destino manifiesto) hombres y mujeres que dejaron todo para encaminarse a lo desconocido de una tierra salvaje e inexplorada, en busca de una vida mejor. Walt Whitman les dedicó sus cantos, y esa idiosincrasia impregnó el espíritu de aquella generación posterior dedicada a viajar física y espiritualmente en busca del conocimiento y del propio lugar en el universo.
Fue en Concord donde conoció a Ralph Waldo Emerson, padre del trascendentalismo, y su círculo de amistades íntimo. Thoreau abrazó la nueva doctrina en un principio y colaboró en la revista que dirigía Emerson con algunos ensayos. Se convirtió en tutor de sus hijos y más tarde trabajaría en la fábrica de lápices familiar. Pero su verdadera pasión eran la literatura y la naturaleza. Años después sintió la necesidad de vivir en la misma y se trasladó a una finca propiedad de Emerson, de aquella experiencia nació: Walden, o la vida en los bosques.
22 May 2021
#4 BISENTI. LEGGERE DOVE NON SI LEGGE- di Gaia Russo Frattasi e Eugenio Di Donato
Cerco di parlare dei libri, della lettura, ma non c’è nulla da fare, il parroco ha voglia di raccontare la storia dei santi che occupano sotto forma di statue i vari angoli e nicchie della chiesa.
Si è fatto tardi, il sole sta per tramontare ed è l’ora «giusta» per mostrare a Gaia, prima, il bar di Castagna Vecchia, e poi, il mitico caffè sulla provinciale al bivio per Castel Castagna.
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19 May 2021
Il ricordo di Franco Battiato scritto da Eduardo Margaretto, suo biografo in Spagna
A Madrid gli anni Ottanta stavano per finire. Mentre le notti di Malasaña correvano veloci, alcuni di noi avevano già intuito che la parola Movida si stava convertendo in un brand di patriots to arms molto lontani da La fantasia dei popoli che è giunta fino a noi ... mentre la movida è arrivata perfino nelle notti italiane del XXI secolo. Al tempo brancolavo nel buio cercando di scrivere la biografia di Franco Battiato. Cátedra Ediciones mi aveva dato un anticipo. Ero rimasto particolarmente colpito dalla lucidità del "pensautore" siciliano ...Le barricate in piazza le fai per conto della borghesia / Che crea falsi miti di progresso / Chi vi credete che noi siamo, per i capelli che portiamo? / Noi siamo delle lucciole che stanno nelle tenebre / Up patriots to arms, engagez-vous / La musica contemporanea, mi butta giù
Poi ricevetti una telefonata: Battiato accettava la mia intervista all'Hotel Ritz di Madrid. Io al Ritz?! Allora non avevo nemmeno i vestiti per entrarci, ma andai. «Come ti descriveresti?» gli chiesi di getto, senza pensarci due volte, mentre si stava ancora sedendo. Mi guardò negli occhi e mi disse: «Sono quello che, un tempo, si sarebbe chiamato "un uomo alla ricerca"... anche se, alla fine, non trovo mai niente». Come se la verità fosse il ritmo delle piante al sole sui balconi, o quel re del mondo che ci tiene prigioniero il cuore. La conversazione scorreva fluida fino a quando il dicografico mi tirò platealmente la manica della camicia... il mio tempo era scaduto. Battiato lo guardò accigliato: «Lascialo continuare, sa molto di me». Così presi il coraggio a due mani e gli dissi ancora: «Mia madre è nata in Sicilia, come te, a Messina, e mia nonna a Napoli». Si alzò per andarsene, mi tese la mano e mi disse: «Eduardo, prima di morire, devi assolutamente salpare sulla barca che parte da Napoli e approda a Messina all'alba... quando ti avvicini alla Sicilia, la nebbia del mattino si dirada e ti fa scoprire cose incredibili».
Questo sentimento popolare nasce da meccaniche divine
Dovrei cambiare l'oggetto dei miei desideri
Non accontentarmi di piccole gioie quotidiane
Che non si parli più di dittature
Se avremo ancora un po' da vivere
La primavera intanto tarda ad arrivare
Eduardo Margaretto
18 May 2021
El recuerdo de Franco Battiato por Eduardo Margaretto, su biógrafo español
Se acababan los años ochenta en Madrid. Mientras apurábamos
las noches de Malasaña algunos ya intuíamos que la palabra Movida se iba a convertir en una marca de patriotas alejada de la fantasía de los pueblos que han llegado hasta
nosotros… incluso en las noches italianas del siglo XXI. Yo andaba entonces
por calles oscuras intentando escribir la biografía de Franco Battiato. Cátedra
Ediciones me había dado un anticipo. Me impactó la claridad del ‘pensautor’
siciliano… las barricadas en la plaza las
hacéis por cuenta de la burguesía que crea falsos mitos de progreso / quién creéis que somos por el pelo que
llevamos / nosotros somos luciérnagas
que están en las tinieblas / la música
contemporánea me deprime / y no es culpa mía si existe la imbecilidad
Y entonces recibí una llamada… Battiato acepta tu entrevista
en el Hotel Ritz de Madrid. ¿Yo en el Ritz? Ni ropa tenía entonces, pero allí
que me fui. «¿Cómo te ves a ti mismo?» le solté sin pensármelo dos veces en
cuanto se sentó a la mesa. Me miró a los ojos y dijo: «Soy lo que antiguamente
se llamaba un hombre que busca… aunque al final no encuentre nada». Como si la
verdad fuese el ritmo de las plantas en los balcones, o ese rey del mundo que nos
tiene prisionero el corazón. Fluía la conversación hasta que el comercial de la discográfica sin
disimular me estiró de la manga de la camisa… se había terminado mi tiempo. Battiato le miró frunciendo el ceño: «Déjale que siga, éste sabe mucho de mí».
Y entonces se lo dije: «Mi madre ha nacido en Sicilia, como tú, en Messina, y
mi abuela en Nápoles». Se levantó para irse, me extendió la mano y dijo: «Antes
de morir, Eduardo, tienes que subirte al barco que de madrugada sale desde
Nápoles hacia Messina… cuando te acercas a Sicilia la bruma de la mañana se
abre y descubres cosas increíbles».
Este sentimiento popular nace de mecánicas divinas
Tendría que cambiar el objeto de mis deseos
no conformarme con pequeñas joyas cotidianas
Que no se hable más de dictaduras
si aún nos queda algo por vivir
La primavera tarda en llegar
Eduardo Margaretto
17 May 2021
El retrato de Ernest Thompson Seton - por Rafael Becerra
A lo largo de la historia de la literatura encontramos constantemente la figura de animales, en muchos casos, humanizados. Nacidos en todas las culturas de cualquier parte del mundo, éstos se prestan a ser la voz de la sabiduría, de la bondad, o representar directamente la maldad, o la astucia. Sin embargo, más allá de la literatura infantil o juvenil, sembrada por Kipling, Disney, Lewis Carroll, los hermanos Grimm, o Andersen. Se situan otros autores que basan sus escritos directamente en la observación de la naturaleza. Entre estos, me atrevería a decir que los más certeros serían Jack London y Ernest Thompson Seton. De este último me gustaría hablar.
Nacido el undécimo de catorce hijos, en Inglaterra, a la edad de seis años, su numerosa familia se traslada a Canadá. El entorno salvaje, despierta en el niño un interés inusitado, que se dedica a observar y dibujar la naturaleza. Su familia no comparte la afición del pequeño, pero debido a una afección, es enviado a los quince años y durante el verano a una granja en Lindsay. Es allí, donde de mano del granjero Willian Blackwell y su hijo George donde el joven Ernest ve sus deseos cumplidos. Junto con George acamparon en los bosques, procurando vivir como los indios habían hecho antes del advenimiento de los rostros pálidos. De estas vivencias saldría su libro: Dos pequeños salvajes (1903)
Sus historias te acercan al mundo natural bajo una perspectiva única, haciendo que te preguntes y te plantees cómo sería vivir como un animal constantemente amenazado, por ejemplo, el conejo. Un ser que pasa su vida en peligro siendo la base de la dieta de muchos depredadores. Seguimos las corredurías de perros pastores, cuya fidelidad va más allá de su propia vida. Recorremos los bosques con astutos lobos, con instintos desarrollados para escapar del hombre. Leer sus cuentos y relatos te hacen mirar hacía las ignoradas montañas de otro modo, te remueve por dentro, bajo el traje de urbanita, se despierta otro ser que te habita, las casi olvidadas voces de tus ancestros que corrieron por esos bosques compartiendo con los animales el ansía por sobrevivir.
15 May 2021
#3 IN BETWEEN. LEGGERE DOVE NON SI LEGGE : In viaggio con Sangue e Latte - di Gaia Russo Frattasi e Eugenio Di Donato
TERZA TAPPA: CAMPO IMPERATORE
Gaia con in piedi sul sedile, la telecamera puntata come un cannone fuori dal finestrino fa ancora una paio di riprese. Si volta soddisfatta e si siede come una persona normale. È un chiaro segnale che posso procedere verso Campo Imperatore, l’altopiano che da un lato è stretto dalla possente catena del massiccio del Gran Sasso e dall’altro si increspa in onde di colli e scende morbido come una pennellata verso il comune di Santo Stefano di Sessanio.
Per chi non l’ha visto Campo Imperatore è difficile da immaginare, sembra di approdare sulla luna, non c’è niente o quasi. Erba e sassi, erba a perdita d’occhio, e qualche abete sparuto che strappato dal bosco, si ritrova lì, solo in mezzo al nulla, e miracolosamente sopravvive. Cresce nano però, senza la protezione dei suoi simili il sole rovente in estate e il vento e la neve d’inverno non gli lasciano tregua.
Ci risiamo, Gaia ha rimesso i piedi sul sedile, è seduta sul finestrino con il busto completamente fuori, all’aria, e entrambe le mani sulla telecamera. Con una mano tengo il volante e con l’altra una gamba. L’auto raglia come un somaro, procediamo a passo d’uomo.
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10 May 2021
08 May 2021
UNA ESVÁSTICA EN LA CARA de Luca Buoncristiano en NO TE LIBRAS DE MIS LIBROS (Instagram)
De Manson se han escrito muchos libros, el más famoso es el caso judicial que se narra en Helter Skelter, pero tenemos de todo: sus confesiones desde la cárcel o las versiones de los integrantes de la Familia.
Este es distinto a ellos. Se trata de la versión de Charles Manson en forma de monólogo, es su voz la que habla aunque sea otro quien la escriba para darle el ritmo que necesita el libro. Son sus confesiones y sus paranoias. Y tiene frases muy buenas, que ya no sé si son del criminal más famoso y adorado de las cárceles o del propio autor.
“¿He matado a alguien?”
#2 RIGOPIANO. LEGGERE DOVE NON SI LEGGE: In viaggio con Sangue e Latte - di Gaia Russo Frattasi e Eugenio Di Donato
SECONDA TAPPA: RIGOPIANO
Saliamo lungo i dodici chilometri di tornanti che portano da Castelli a Rigopiano. Sì, avete capito bene, Rigopiano, il terremoto e le nevicate furibonde del gennaio 2017.
A Rigopiano ci andavo a mangiare gli arrosticini nelle sere d’estate, ricordo una sera di Agosto eravamo forse una dozzina di ragazzi. Era notte, e di notte a Rigopiano se alzi lo sguardo al cielo ti ci ritrovi dentro. Vedi una stella cadente dietro l’altra. Sembra che piova.
Eravamo stesi sul prato, attoniti e mezzi infreddoliti, avvolti negli abiti leggeri dell’estate, e all’improvviso tra l’umidità della sera giunge lo scirocco. Non l’ho più sentito sulla pelle in quel modo, in bilico, tra il limitare del bosco e il fresco della notte.
A Rigopiano c’erano il camping Siella, il campeggio libero e tante storie da raccontare. Per noi bambini del paese era il regno dei funghi degli adulti, un posto di montagna abitato da muschi e alberi immensi, vi vivono specie autoctone di licheni e faggi centenari. Era il luogo dove i padri, d’inverno, nelle giornate di buon umore ci portavano a fare le discese con lo slittino.
Da ragazzi era la «salita». Chiunque avesse avuto qualche velleità ciclistica doveva cimentarsi con i tornanti. Antonio, il più veloce, impiegava poco più di quaranta minuti a coprire i dodici chilometri. Nel nostro mondo, una saetta.
Parcheggio, dico a Gaia che lì, proprio alle nostre spalle, a pochi metri, c’era il gazebo degli arrosticini. Gaia non mi ascolta, ha già la telecamera in mano e sta filmando il taglio.
Una fascia senz’alberi, larga decine e decine di metri che solca la montagna. È l’impronta della valanga. Intorno il bosco è intatto, lussureggiante, totalmente estraneo all’accaduto.
Gaia si volta di scatto, è tesa, raggiunge il guard-rail e punta la telecamera verso il mare. Pochi metri più in basso, al di là della strada che disegna un tornante sotto di noi c’era l’albergo di Rigopiano. Non c’è più niente, si distingue solo il perimetro a forma di ottagono della vasca della spa.
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