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20 June 2022

LA LISCA DEL PESCE PICCOLO di Roberto Vaio su IL CORRIERE DELLA SERA - di Francesca Angeleri


 


«La mia Torino underground e quel libro nato dieci anni fa»

Roberto Vaio, dj e storica voce di Radio Flash, presenta il suo romanzo «Ho messo la bella atmosfera torinese in una piccola città senza nome»


Tra le varie cose di cui si pregia questa città, per cui viene ricordata e apprezzata anche lontano da qui, oltre vari tipi di confini, c’è quello di avere un’anima profondamente (aggettivo non casuale) underground. Caratteristica che l’ha sempre fatta voltare verso Berlino, per esempio, spesso anche più lontano. Manifestando, cosa alquanto rara per i sabaudi, una certa ambizione. Ai torinesi piace essere definiti underground: arte underground, musica underground, pensiero underground. Fa gola, dà lustro, miete successi in pubblico, autorizza estremismi caratteriali, giustifica fallimenti professionali. Eppure. La verità è che pochi veramente lo sono o lo sono stati oppure, meglio, l’«hanno fatta veramente l’underground». Intesa come nutrimento, come humus su cui creare qualcosa, in cui esprimersi e divertirsi. Stimolando i «piani alti». Tra questi c’è sicuramente Roberto Vaio, che di underground ne ha fatta e vista tanta: dj, pittore, curatore d’arte indipendente, voce storica di Radio Flash (sob, si scriverebbe in un fumetto) oggi anche scrittore. Il suo romanzo La lisca del pesce piccolo, pubblicato dalla casa editrice di Valencia «El Doctor Sax», fondata dal torinese Gabriele Nero, dopo oltre un decennio passato sepolto in un vecchio pc, è subito arrivato al quarto posto della classifica «Humor nero» di Amazon.

Vaio, che effetto le fa avere, dopo tanta arte, successo con un libro?

«Lo avevo scritto nel 2011 e poi rivisto, quasi per gioco, nel 2017 con il mio amico giornalista Paolo dalla Zonca. Poi, per motivi troppo lunghi da spiegare, è tornato nel dimenticatoio. Passano una serie di anni e di coincidenze e mi ritrovo con un altro amico, Gabriele Nero, che lo legge, gli piace, lo pubblica. Questo romanzo rappresenta una conferma: se qualcosa deve esistere, esisterà. A prescindere dal suo creatore». Feedback?

«Sta appassionando sia amanti della letteratura sia chi ha interessi che riesco soltanto a definire opposti. Sto vivendo una doppia felicità. Anche se nel mio intimo, mentre sono da solo a casa e cerco me stesso mentre lavo i piatti, mi sento più spettatore che protagonista».

È la storia di Romano Furfaro, un ragazzo che fa il decoratore, di una sua vacanza al Sud con un amico ricco all’insegna del divertimento, la musica, il sesso sfrenato, ma...c’è un ma. Che libro è?

«È un mix tra la tristezza di Lars Von Trier e i fratelli Vanzina dei tempi d’oro».

Ci ha messo poca Torino. Strano per uno scrittore torinese. I suoi colleghi di solito fanno il contrario.

«Nella parte iniziale del libro c’è una piazza San Carlo impossibile da non riconoscere. In questo racconto ho diviso l’italia tra un Nord e un Sud. Ho tentato di mettere la bella atmosfera di Torino all’interno di una piccola cittadina senza nome».

Questa città l’ha fatta patire?

«Mi ha trattato come una madre severa, ma che di nascosto mi vuole bene e mi lascia fare ciò che voglio. La amo incondizionatamente, come si ama un genitore. È un posto strano, che permette a chiunque di arrivare al sodo con se stesso. Ogni giorno assisto a una specie di magia senza trucco, arte pura, vera, distante dai soldi. E poi, vai a capire cosa succede».

Dov’è Robi Vaio nei suoi personaggi?

«Ho fatto ben attenzione a rimanere lontano da me stesso. Se ci metti l’empatia coinvolgi in un modo, io ho usato la sola fiction, volevo fare più un esperimento sociologico. Sicuro che la realtà che guizza fuori dalle pagine la conosco fin troppo bene: dai lavoracci che facevo da piccolo quando ho lasciato la scuola fino alle nottate più favolose d’italia insieme alla contessa Pina Garavaglia, agli scenari estremi di Erotica con Helena Velena. Posso garantire che il sangue che scorre ne La lisca del pesce piccolo non è succo di pomodoro».

❞ È un mix tra la tristezza di Lars Von Trier e i fratelli Vanzina dei tempi d’oro Non c’è autobiografia, ma la realtà che guizza fuori dalle pagine la conosco fin troppo bene: dai lavoracci fatti da giovane alle nottate favolose

Francesca Angeleri