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23 October 2018

04 October 2018

03 August 2018

Opera Iniqua recensione - "Il coraggio dell'inattuale" di Daniele Mattei



Il libro di Federico Febbo è inattuale ma proprio per questo attuale. E rivoltoso. È rivoltoso il linguaggio, lo stile, il détournement elegante, l’allegoria sottile.

È rivoltoso il suo essere un massimalista e narrare una storia fregandosene delle storie, storielle, novelle e novellini inutili e minimaliste. Federico non vuole, anzi esige che sia il lettore a venire verso l’opera e non il contrario. Non svende nè tantomeno vende, semmai cerca una chiave per l’innominabile attuale come ben l’ha chiamato Calasso, che diciamo oltre che innominabile è sempre più ignobile. E a questo gioco al ribasso gioca il quasi intero mondo letterario.

Opera Iniqua è maestra di allegorie, Federico Febbo è l’antitesi e l’antidoto dell’attuale meccanismo di produzione letteraria: piccole storie per piccoli sommovimenti, più intestinali che intellettuali. Federico vola alto, indica una strada, smarrendola, smarrendosi e smarrendoci, ma sa bene quale è la sua strada, ch’è quella di una ossessiva ricerca del vero cercato tramite il suo percorso. D’altronde a ogni artista è dato il compito morale di smarrirsi e smarrirci come vuole.
Ricercare. Ricostruire.

Oggi ciò tanto più appare antimoderno quanto in realtà è rivoluzionario. Cosa intendo per vero? E perché ricostruire oggi, nel compiaciuto nichilismo e annichilente panorama è rivoluzionario?

Febbo lo sa, anche se lo svela non facilmente, ma non ha alcuna intenzione di prenderci in giro e sopratutto di prendersi in giro. È vero, disprezza il mondo, ma se ci fosse anche solo una piccola pietra da levigare in mezzo al marcio per far rilùcere uno straccio di verità e bellezza - dentro questo orrore più ridicolo che tremendo - sono sicuro, lo troveremmo là ad adempiere al suo compito.
Daniele Mattei

23 July 2018

20 July 2018

24 June 2018

Opera Iniqua recensione di Fabrizio Salvati

 



Un romanzo senza tempo, una sfida, una provocazione continua verso se stessi, verso gli altri.Tanti spunti stimolanti, momenti di grandissima intensità, scene e caratteri che restano scolpiti nella testa e ti accompagnano anche al termine della lettura.

Opera Iniqua ha la capacità di creare immagini fortissime e di scioglierle nell'istante in cui faticosamente provi ad afferrarle, lasciandoti inesorabilmente spaesato ed in cerca di nuovi riferimenti. Una rincorsa continua da parte di chi legge nel tentativo di decifrare il gioco perverso dell'autore, che cambia le regole in corsa e lascia che le domande si accumulino, prendendosi tutto il proprio nobile spazio di eccellente romanziere per eventuali risposte.

In queste pagine non c'è luogo per la salvezza, la redenzione, qui si respira l'arte nella sua pienezza, a volte indecifrabile, a volte paurosa, e quindi pura.
Febbo pretende tanto da se stesso, è evidente l'accuratezza di questo lavoro, la costruzione minuziosa, la ricerca dei particolari mai fine a se stessa, ma pretende ancora di più dal lettore, in qualche modo cerca di scuoterlo, di schiaffeggiarlo, di sputargli (letteralmente) in faccia la sua verità, le sue verità, le sue menzogne.

In un continuo viaggio interiore, insieme al protagonista veniamo catapultati da Roma a Vulci, da Bologna all'abbazia di Altacomba, dal sacro al profano, dalla bellezza fino all'aberrazione dell'inenarrabile; veniamo presi per mano dallo scrittore e guidati ognuno nel proprio personalissimo viaggio, ma sul più bello, Febbo ha la grandezza ed il coraggio di spegnere tutte le luci, e gli astri celesti, lasciandoci al buio, in ginocchio a vagare tra le nostre ancestrali paure, immersi nei nostri fantasmi. Mai titolo fu più azzeccato. Un romanzo imprescindibile, da leggere ed assaporare, fino all'ultima goccia del suo nettare dolce e velenoso.


07 May 2018

OPERA INIQUA - Federico Febbo

Charme è un trentenne di origini francoprovenzali trapiantato dalla Savoia in Italia, al di sotto della presa di coscienza artistica, sociale e politica dei suoi tempi. La sua storia ha inizio con un viaggio da Roma verso la necropoli di Vulci, su una nostalgica carrozza assieme ai suoi facoltosi amici Aronne e Cleto, due intellettuali ostinati, saturi dell’idea che ciò che ci lasciamo dietro ogni giorno è più prezioso di quello che conquistiamo. Sarà il sospetto finale di questa gita a dare l’abbrivio al romanzo, in cui Charme, invaghito dalla presunzione di essere uno scrittore d’ingegno, si accompagnerà a personalità letterarie e politiche arrivando a sostituirsi a loro. Da falso artista per un falso pubblico a sindaco di un paese di provincia, da facchino a segretario particolare del Presidente della Repubblica Italiana, la convalescenza di Charme verrà turbata da una malattia mentale evidente eppure equivoca. I suoi confortevoli ideali, e un grado di talento pari alle capacità più comuni dei suoi simili, lo spingeranno davanti a una scelta tra passioni e feroci ambizioni. Incontrerà sulla sua strada un morto apparente tra i vivi di professione come il poeta Sabatino Rivoli, oppure il Capo dello Stato; così il giovane sostituirà la grande fatica del vivere a un impegno impossibile: la pretesa di diventare un educatore del Paese. Conoscerà asceti del pressapochismo, giornalisti straccioni, democratici e insurrezionalisti simili a maghi e guaritori sorretti da un livello di alfabetizzazione reciproca. Tutti lotteranno ricavandone un dubbio guadagno, pur di ottenere il vantaggio della certezza di esistere. Alla fine del racconto questa dedizione alla propria esistenza e alla ricerca della salute, ci condurrà di nuovo al sepolcreto di Vulci, là dove qualcosa tra l’infermità e il divino aveva dato inizio al lungo anno di Charme Genetti, completando questa testimonianza con il sospetto che nella testa possa esserci qualcos’altro che non il solo pensiero, e riuscendo da ultimo a ottenere una risposta della quale il lettore è meglio che non domandi.

Federico Febbo è nato a Roma il 14 maggio del 1976. Ha lavorato per l’Università Pontificia Gregoriana di Roma, per il Museo Signorini Corsi a L'Aquila, per la Casa Museo Mario Praz e per la Mirabilia Art Gallery. È stato assistente della gallerista Carla Panicali (il Segno, la Marlborough, l'Isola a Roma, Panicali Fine Art e Art for Architecture di New York) ha tradotto conferenze e interviste di Jacques Lacan, Emil Cioran, Mircea Eliade, Gilles Deleuze e Pierre Klossowski. Ha scritto per riviste d’arte e cultura come Estra, Urbis et Artis, Mito Roma ed ha pubblicato romanzi sotto pseudonimo. Il primo lavoro inedito dal titolo Tramonto Italia, e Opera Iniqua, sono stati pubblicati sulla rivista “Il Primo Amore” diretta da Antonio Moresco. Attualmente lavora nella Galleria d’Arte Pulcherrima di Roma.