Pro Cedere - Dura Arte è un quaderno di viaggio, che, attraverso immagini, parole e fotografie, accompagna il lettore lungo il cammino, poetico e tortuoso, nell’arte e nella vita dell’artista siciliano, torinese d’adozione. In queste 100 pagine a colori, Aldo Taranto, che a Torino collaborò con affermati artisti delle avanguardie di fine Novecento, ci fa entrare nel suo profondo umano e creativo, partendo dalle proprie radici, spingedosi verso il trascendentale.
La prima parte del libro, “Pro cedere”, composta da immagini e parole- immagini, è divisa in sette capitoli nei quali appaiono sei figure femminili della famiglia dell’autore, ad eccezione del quarto dove appare un ritratto intimo dello stesso Aldo Taranto. Nell’ultimo capitolo c’è un’immagine di volti sovrapposti degli avi, mai conosciuti dall’artista. Questa parte del libro è stata pensata d’un fiato, come un diario intimo. E’ un libro verticale, qualcosa che assomiglia ad un albero genealogico dal lato femminile, con incursioni nel semplice quotidiano ed aspirazioni a rendere universale l’intimo e il transitorio. Nella seconda parte, “Dura arte”, la vita nello studio, il collettivo d’arte filisto251 e le mostre, sono narrate come risvolti esteriori di riflessioni su vicende private e intime, liquidate dallo stesso artista: «ma io non ero buono, portavo un peso inutile, ancora».
Aldo Taranto: Torino è la sua seconda città, Siracusa è quella che gli ha dato i natali e in cui ha trascorso l’infanzia e la prima giovinezza e dove è tornato a vivere agli inizi degli anni Novanta. Con Torino ha sempre, però, mantenuto un legame, ne è una prova questo libro, sia per alcuni riferimenti in esso presenti, che per il contributo prezioso dato dal fotografo e artista torinese Max Zarri alla sua realizzazione. È proprio a Torino che Aldo Taranto viene folgorato dall’interesse per l’arte contemporanea, coinvolgendosi totalmente. Lavora qualche anno come assistente per diversi artisti riconosciuti, tra i quali Michelangelo Pistoletto, fino a quando viene invitato a partecipare alla mostra Serata Immateriale, nel 1986. La mostra, nata spontaneamente dall’incontro di alcuni giovani artisti, architetti ed attori di teatro, è la sua iniziazione come artista, il primo passo di un percorso nell’avventura dell’arte, che sebbene sarà discontinuo ed accidentato, anche a causa della malattia della sorella, proseguirà e lo accompagnerà nel corso della sua vita. Gli anni trascorsi a Torino sono stati quelli che manterrà vivi nella memoria, sia per una certa durezza che per l’estrema e dolce poesia vissuta. A Torino, inoltre, frequenta per alcuni anni il serigrafo Giancarlo Frassinelli, partecipando al suo gruppo di meditazione della scuola di Gurdjieff, esperienza interiore ancora oggi viva in lui. Tornato a Siracusa conosce alcuni giovani artisti che frequentano la Galleria Civica d’Arte Contemporanea Montevergini, fondata dal critico d’arte Demetrio Paparoni, e insieme a loro fonda un collettivo che prende il nome dall’indirizzo civico della sua sede: filisto251. Da lì si sviluppano una serie di mostre e iniziative, in parte narrate nel libro. Oggi questo collettivo non esiste più pur restando vivo il legame tra alcuni artisti che vi presero parte. La scrittura è stata da giovane una sua passione che ha ripreso quando alcuni artisti, tra cui Corrado Agricola, Sebastiano Mortellaro e Filippo di Sambuy, gli hanno chiesto di scrivere per loro. Questo è il primo suo libro. Può darsi che ne scriverà degli altri.