Il libro di Federico Febbo è inattuale ma proprio per questo attuale. E rivoltoso. È rivoltoso il linguaggio, lo stile, il détournement elegante, l’allegoria sottile.
È rivoltoso il suo essere un massimalista e narrare una storia fregandosene delle storie, storielle, novelle e novellini inutili e minimaliste. Federico non vuole, anzi esige che sia il lettore a venire verso l’opera e non il contrario. Non svende nè tantomeno vende, semmai cerca una chiave per l’innominabile attuale come ben l’ha chiamato Calasso, che diciamo oltre che innominabile è sempre più ignobile. E a questo gioco al ribasso gioca il quasi intero mondo letterario.
Opera Iniqua è maestra di allegorie, Federico Febbo è l’antitesi e l’antidoto dell’attuale meccanismo di produzione letteraria: piccole storie per piccoli sommovimenti, più intestinali che intellettuali. Federico vola alto, indica una strada, smarrendola, smarrendosi e smarrendoci, ma sa bene quale è la sua strada, ch’è quella di una ossessiva ricerca del vero cercato tramite il suo percorso. D’altronde a ogni artista è dato il compito morale di smarrirsi e smarrirci come vuole.
Ricercare. Ricostruire.
È rivoltoso il suo essere un massimalista e narrare una storia fregandosene delle storie, storielle, novelle e novellini inutili e minimaliste. Federico non vuole, anzi esige che sia il lettore a venire verso l’opera e non il contrario. Non svende nè tantomeno vende, semmai cerca una chiave per l’innominabile attuale come ben l’ha chiamato Calasso, che diciamo oltre che innominabile è sempre più ignobile. E a questo gioco al ribasso gioca il quasi intero mondo letterario.
Opera Iniqua è maestra di allegorie, Federico Febbo è l’antitesi e l’antidoto dell’attuale meccanismo di produzione letteraria: piccole storie per piccoli sommovimenti, più intestinali che intellettuali. Federico vola alto, indica una strada, smarrendola, smarrendosi e smarrendoci, ma sa bene quale è la sua strada, ch’è quella di una ossessiva ricerca del vero cercato tramite il suo percorso. D’altronde a ogni artista è dato il compito morale di smarrirsi e smarrirci come vuole.
Ricercare. Ricostruire.
Oggi ciò tanto più appare antimoderno quanto in realtà è rivoluzionario. Cosa intendo per vero? E perché ricostruire oggi, nel compiaciuto nichilismo e annichilente panorama è rivoluzionario?
Febbo lo sa, anche se lo svela non facilmente, ma non ha alcuna intenzione di prenderci in giro e sopratutto di prendersi in giro. È vero, disprezza il mondo, ma se ci fosse anche solo una piccola pietra da levigare in mezzo al marcio per far rilùcere uno straccio di verità e bellezza - dentro questo orrore più ridicolo che tremendo - sono sicuro, lo troveremmo là ad adempiere al suo compito.
Daniele Mattei