All’apparenza, il romanzo d’esordio di Vaio sembra il semplice e divertente racconto della vacanza da incubo vissuta dal protagonista Romano Furfaro, in seguito ad un intero anno di duro lavoro, la base di significato su cui si struttura questo scritto vuole però esprimere molto più di questo. La lisca del pesce piccolo è allora il racconto di tutte le ingiustizie vissute da un ventenne che occupa uno status sociale differente rispetto a tutti gli altri personaggi, appartenenti a caste sociali più prestigiose. È una lettura alternativa, sincera e realista, in quanto è la storia di tutte quelle persone che occupano una posizione d’inferiorità nella società perché essi stessi decidono di mettersi in tale posizione.
Per spiegarci meglio, attraverso una chiave ironica e a tratti irritante, Vaio si fa portavoce della spudorata dichiarazione di chi si emargina dalla società di per sé, senza aspettare che lo facciano i potenti, entrando così in un automatismo sempre più nocivo per l’intera società. La lisca del pesce piccolo è in toto una piccola novità nell’orizzonte degli scritti di quest’ultimo anno, in quanto presenta una globale e chiara descrizione di coloro che si arrendono davanti al potere ancor prima di averne calibrato la reale effettività. È l’espressione della più miserabile immagine che l’individuo da di sé nella società attuale. Con un ritmo relativamente serrato, lo scrittore racconta la vicenda con sincerità veemente. Sottolinea difatti a suon di battute, il divario sociale esistente tra il protagonista ed i suoi amici benestanti, rimarca la volontaria sottomissione di Romano, descrivendone l’immensa timidezza che si fonde, in un determinato momento del racconto, ad una triste arrendevolezza. La frivolezza di tutti gli altri personaggi, apparentemente benevoli, è poi un contorno delizioso da gustare con il più grande sdegno di cui si è dotati.
Un concetto fondamentale, che non spicca in prima linea ma che, leggendo tra le righe viene fuori con la stessa intensità con cui Vaio ci parla del resto, è l’autostima. Pochi ma intensi, sono i momenti in cui il protagonista sperimenta tale sentimento, chiave di volta non utilizzata dal ventenne in questo racconto ma importante elemento che potrebbe aiutare l’individuo a divincolarsi dal meccanismo di auto sottomissione a cui il libro fa riferimento.
Il linguaggio è molto semplice ed accessibile a tutti, a tratti rude e grottesco, sebbene in specifici punti diverse descrizioni e considerazioni siano perfettamente articolate e lievemente poetiche, in piacevole contrasto con il registro linguistico utilizzato per il resto del libro.
In poche parole, se cerchi qualcosa con sfondo realista, ironico, divertente e che fa aprire gli occhi riguardo ad attitudini sbagliate che ci hanno costretto ad interiorizzare beh, con questo libro in mano ti troverai nel posto giusto.
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